Intervista a James Harren: il suo mondo da Ultramega a B.P.R.D.

Articolo a cura di Francesco Ariani e Angelo Giannone

James Harren, presente alla venticinquesima edizione del Comicon di Napoli come ospite di saldPress, è un autore che da decenni riempie le pagine con il suo stile caratteristico, grottesco, ricco di azione, estremamente divertente da leggere.
La sua presenza al Comicon è merito della pubblicazione del quarto volume di Ultramega, penultimo della serie che si chiuderà con un quinto volumetto. Il caso specifico di Ultramega è, per James Harren, decisamente speciale, in quanto si tratta della prima serie in cui l’autore americano ha lavorato sia alla sceneggiatura che ai disegni.
I suoi oltre dieci anni di carriera sono stati estremamente prolifici, e durante il Comicon abbiamo avuto modo di intervistarlo, scoprendo parte del suo metodo di lavoro, delle sue aspirazioni come fumettista e delle sue ispirazioni per Ultramega.

Ultramega – Kaiju e Mecha secondo James Harren

Ringraziamo James Harren per aver risposto alle nostre domande che vanno dal suo primo lavoro, B.P.R.D., a Ultramega, trattando dei suoi lavori e del suo stile.

James Harren intervista
al centro, James Harren. Foto di Francesco Ariani e Angelo Giannone

Non sei nuovo nell’uso dell’horror e delle immagini cruente nei tuoi fumetti. Ultramega riprende molto da questo stile, ma è anche atipico per te, così legato alla cultura occidentale. Ultramega sembra ispirarsi molto al Tokusatsu, a Godzilla, ai Kaiju, quindi sembra che tu abbia attinto molto dalla cultura giapponese. È vero? Perché l’hai fatto?

Non so rispondere al perché. Non avrei potuto farlo in altro modo, quindi sì, non è stata una decisione consapevole. Sono cresciuto leggendo manga e guardando anime, le serie degli anni ’90. Mio fratello maggiore mi fece conoscere Ninja Scroll. Avevo Ninja Scroll in VHS e quello mi cambiò per sempre, perché era disegnato benissimo, animazione stupenda e una violenza orrenda, di quelle che un ragazzino di 11 anni adora. Quindi sono stato esposto molto presto alla cultura giapponese. Per quanto riguarda quella americana e occidentale, mi piace Jack Kirby, mi piacciono i fumetti americani. Mi sono avvicinato ai fumetti europei più o meno da adolescente, quando ho scoperto Moebius.

Foto di Francesco Ariani e Angelo Giannone
Foto di Francesco Ariani e Angelo Giannone

Qual è stato il primo fumetto di Moebius che hai letto?

Ah… stiamo tornando indietro nel tempo. Parliamo dei primi anni 2000, mi sono diplomato nel 2004. All’epoca era una vera impresa trovare questi fumetti in America. Moebius non era pubblicato da nessun editore americano, dovevo comprare le edizioni europee e limitarmi a guardare le immagini. Forse era L’Incal, ma non ne sono sicuro, forse trovai un libro a caso di Moebius, non ricordo.

Quindi, dato che non hai trovato un altro modo per esprimerti ed è stato naturale per te seguire quel tipo di stile e ispirazioni, vorrei tornare indietro al tuo lavoro su B.P.R.D., perché leggendo i primi tre volumi di Ultramega ho notato differenze nel design delle creature rispetto a B.P.R.D., che risale a più di dieci anni fa, ma ho anche riconosciuto alcune somiglianze, come nel design della Black Flame e del Baby King Kaiju. Hai preso ispirazione da quei tempi o hai cercato di distaccarti da quel lavoro?

È una bella domanda, sì. Quando ho iniziato Ultramega, dopo Rumble e B.P.R.D., e in generale ogni volta che disegno mostri, non riesco a evitare che abbiano un certo aspetto. Ero consapevole di non voler creare mostri “à la B.P.R.D.”. Volevo qualcosa di diverso. B.P.R.D. e l’universo di Hellboy sono molto lovecraftiani, quindi volevo evitare insetti, tentacoli e quelle forme astratte tipiche di Mignola. Volevo prendere in prestito elementi dal tokusatsu giapponese: colori, texture, forme… sono così affascinanti. E poi volevo rendere tutto un po’ più “cartoon”, dare personalità ai kaiju.

le cover dei primi tre volumi di Ultramega, di James Harren, Dave Stewart e Rus Wooton, pubblicati in Italia da saldaPress nella collana SkyBound. Foto di Francesco Ariani
le cover dei primi tre volumi di Ultramega, di James Harren, Dave Stewart e Rus Wooton, pubblicati in Italia da saldaPress nella collana SkyBound. Foto di Francesco Ariani

Lo si nota, come con quel kaiju così grasso che aveva bisogno di essere portato a spalla da tanti uomini. Era molto divertente e orribile quando si trasformava. Una specie di colpo di scena. Quindi, oltre al tuo tratto e design, Ultramega, almeno in Italia dove siamo arrivati al terzo e quarto volume, non è completamente oscuro, ma è pieno di disperazione, di omicidi, perdite e tradimenti. Hai voluto dire qualcosa con tutto questo, o è stato naturale rimanere su questi temi e atmosfere cupe?

Non so quanto sia stato consapevole. Era un periodo un po’ buio per me quando ho iniziato. Ma sicuramente ho scritto la storia ponendomi molte domande. Ero appena diventato padre, e stavo attraversando un sacco di cambiamenti, responsabilità, pensieri. Ho riversato tutto lì. Volevo fare un Ultraman vietato ai minori, quindi sapevo che non sarebbe stato roba da Disney. Volevo una storia che non fosse Marvel o DC, ma qualcosa di umano e vulnerabile, quello era il mio obiettivo.

Vorrei continuare su Ultramega. È la tua prima volta come autore completo: scrittore, disegnatore, tutto tranne il colorista. È stato naturale? Come è cambiato il tuo modo di lavorare? Com’è stata la tua prima esperienza da sceneggiatore? Raccontaci tutto.

Sì, è stata la prima volta. E spaventosa, devo dire. Quando ho iniziato a disegnare fumetti, influenzato da manga ed europei, amavo i fumetti con una forte impronta autoriale. Non mi piace il continuo cambio di team creativo dei fumetti americani. Volevo disegnare un mio fumetto da sempre, e ci ho messo tanto ad arrivarci, quindi quando ci sono riuscito, ero terrorizzato. Ma mi sono divertito molto. Fortunatamente avevo già degli strumenti grazie a dieci anni di lavoro su commissione. Ho imparato tanto da Mignola e Arcudi, ottimi maestri. Quello che mi ha sostenuto è stato l’amore per il fumetto e la narrazione visiva. Per me è più facile partire con miniature e poi scrivere le pagine. Niente mi spaventa di più che un documento di testo vuoto: non voglio scrivere, voglio disegnare, esplorare il mio sketchbook, lavorare in modo organico.

la cover del primo volume di Ultramega, di James Harren, Dave Stewart e Rus Wooton, pubblicato in Italia da saldaPress (2021) nella collana SkyBound
la cover del primo volume di Ultramega, di James Harren, Dave Stewart e Rus Wooton, pubblicato in Italia da saldaPress (2021) nella collana SkyBound

Quindi sei uscito dallo schema classico del fumetto e non hai scritto tutto manualmente, ma sei partito direttamente dallo storyboard?

Il mio processo è stato un disastro. Gli editor di Skybound sono stati fantastici. Ero un autore nuovo che cercava di capire come creare il proprio fumetto e loro andavano bene con qualsiasi metodo. È stato molto organico: condividevo schizzi, parlavo al telefono, mandavo scalette, spiegavo dove volevo arrivare. C’è un’espressione “il dolore torna sempre”: ho dovuto rifare pagine, c’era sempre spazio per cambiare. È stato davvero un processo organico.

Parlando ancora del tuo processo: Ultramega ha richiesto molto tempo e non è ancora finito negli Stati Uniti. Il tuo piano per l’ultimo numero è cambiato parecchio e ha richiesto molto lavoro. Perché e come sono cambiati i tuoi piani? Hai iniziato intorno al 2021/2022, ora siamo nel 2025. È normale che una persona cambi in 4 anni, e anche le storie. Cosa ti ha portato a cambiare tutto?

Sì, è stato… tanto. Non era un fumetto tradizionale con scadenze mensili. Quelli di Skybound hanno lavorato con me lasciandomi i miei tempi. La prima storia era di 4 numeri, poi ho impiegato molto per fare il secondo arco narrativo, ci ho messo tanto a capire dove andare. Ho buttato via tante pagine, ho fatto tante false partenze. E ho l’abitudine di cambiare le cose strada facendo. Dovevano essere 8 numeri in totale, ma quando ho mandato l’outline dell’ultimo episodio, l’editor mi ha detto: “C’è tanto materiale, se vuoi possiamo aggiungere un numero extra per non comprimere troppo.” E io… beh, mi sono complicato la vita, ma abbiamo deciso di dividerlo, usare 30 pagine per concludere i combattimenti col cattivo. È tutta colpa mia: l’ultima parte è esplosa, è diventata sempre più grande.

Non so se è una colpa, la tua storia è fantastica adesso. Più capitoli la rendono più organica, più bella. Cambiando completamente argomento: fai un sacco di copertine speciali, tutte incredibili. Ne ho vista una per Absolute Batman, e anche illustrazioni come quella con Darth Vader e Ahsoka Tano. Ti chiedo: qual è il tuo processo creativo per fare una copertina, visto che è molto diverso da una tavola a fumetti?

Ti riferisci a quella di Darth Vader, era una commissione. Accetto commissioni come riscaldamento tra una tavola e l’altra. Il mio processo… apro il mio sketchbook e inizio a scarabocchiare finché non trovo una forma o una composizione. Aspetto che qualcosa mi “trovi”. Per me l’arte è gioco. Ogni copertina è un’opportunità per giocare, sperimentare. Magari c’è una combinazione di colori che voglio provare, o un’emozione da comunicare, come nel caso della copertina di Batman. Disegnare Batman è fantastico, quindi ho capito subito che mi servivano più schizzi del solito. Mi sono solo divertito, cerco di divertirmi e spero che questo traspaia. Il mio lavoro è divertirmi, e questo è il mio metodo.

Foto di Angelo Giannone e Francesco Ariani, copertina dell'opera nell’immagine di sfondo; composizione da Canva
Foto di Angelo Giannone e Francesco Ariani, copertina dell’opera nell’immagine di sfondo; composizione da Canva, licenza d’uso

Forse è un po’ presto per dirlo… ma ci sono progetti futuri che vedranno James Harren non solo come disegnatore ma anche come autore completo?

Non posso dire nulla. Sto lavorando a delle proposte, e tutto dipende da cosa accetteranno i vari editori. Il mio obiettivo è superare i limiti, voglio provare le idee più grandi e strane. E se a un editore non piace, posso tornare da Image [sorride]. Non so ancora cos’è, ma sarà qualcosa di grande e divertente.

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