Chip Zdarsky, classe 1975, è uno sceneggiatore – ma ha anche un background da disegnatore – canadese, che ha lavorato per tutte le major del fumetto americano, dalla Image Comics passando per Marvel e DC e arrivando anche al fumetto autoprodotto. Si tratta di un autore con una voce chiara, tagliente, ironica, che riesce a calarsi perfettamente nei personaggi a cui da vita differenziandoli ma mantenendo uno spirito comune a lui riconducibile. Negli ultimi anni ha lavorato moltissimo per i supereroi, passando da Daredevil, Batman ed arrivando ora a lavorare su Capitan America insieme a Valerio Schiti ai disegni e Frank Martin ai colori. Nello specifico, questa run di Capitan America cambia alcuni elementi del personaggio, di cui il principale è la data del suo scongelamento dal ghiaccio, postposta rispetto all’originale 1964, così da dare un twist diverso alla sua storia. Abbiamo avuto il grande piacere di intervistare l’autore presso il padiglione di Panini, che ringraziamo per l’occasione, durante il Lucca Comics & Games di questo 2025.

Ringraziamo Chip Zdarsky per aver risposto alle domande di XtraCult.

Chip Zdarsky in una immagine dal video Rhodonuvole (a cura di Angelo Giannone e Francesco Ariani) nella composizione da Canva, licenza d’uso
Chip Zdarsky in una immagine dal video Rhodonuvole (a cura di Angelo Giannone e Francesco Ariani) nella composizione da Canva, licenza d’uso

Desidero farti una domanda sul tuo lavoro su Capitan America, la run che stai realizzando con Valerio Schiti.

Il brillante Valerio Schiti.

Sì, abbiamo parlato con lui, quindi abbiamo qualcosa da chiederti, collegato a ciò che ci ha detto. Ha apprezzato moltissimo il lavoro che sta facendo con te. Mi piacerebbe chiederti qualcosa riguardo al primo numero di questo Capitan America. La sensazione che ne emerge è di sorpresa e profonda curiosità riguardo al suo comportamento, al fatto che si trovi in un nuovo contesto, un nuovo “Establishment” per la sua linea temporale. Quindi, cosa ti ha portato a introdurre questo personaggio in questa linea temporale? E che mi dici riguardo nuovo Capitan America che è ambientato in questa storia?

Sì, ci sono una serie di ragioni diverse. Ho iniziato a pensare a Capitan America e al fatto che nella storia originale, quando è uscito dal ghiaccio, era il 1964. Erano passati 19 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. E quindi era come un uomo fuori dal tempo, ma non così tanto fuori dal tempo. Il mondo era cambiato, ma non così tanto. Le persone che conosceva erano ancora vive. Ma ereditando il personaggio ora, sapendo che esce dal ghiaccio, sai, dieci anni fa… Quello è un grande cambiamento. Uscire dal ghiaccio nell’era moderna è quasi come fantascienza ora.

Quindi ero concentrato su quell’idea e poi, quando ho iniziato a pensare a cosa si sarebbe perso, non avrebbe nemmeno visto innalzarsi le Torri Gemelle, figuriamoci vederle crollare. Quello è tutto nuovo per lui. E così, una volta che ho capito che sarebbe uscito dal ghiaccio dopo l’11 settembre, ho iniziato a pensare che, durante un periodo di grande patriottismo, ci sarebbe stato bisogno di un Capitan America. E nel periodo successivo all’11 settembre, c’è stata un’ondata di patriottismo in America. E quindi, per me, era logico pensare che ci sarebbe stato un Capitan America durante quel periodo. E ho pensato che fosse un modo divertente e interessante per esplorare la differenza tra quei conflitti, tra la Seconda Guerra Mondiale e le guerre in Iraq e Afghanistan.

Quindi l’ambientazione della tua storia, il fatto che sia collocata nei primi anni ’20 e la caduta di Saddam, quell’incredibile momento della statua che è stata abbattuta… è davvero importante, persino più di tutti gli altri personaggi o, sai, dell’Arco ambientato in Latveria che stai realizzando. È davvero importante per te e per la storia?

Sì, molto, molto importante. Voglio assicurarmi che si colleghi alla storia reale e una delle cose è che, se avessi scritto quella storia nel 2004, non sarei stato in grado di farlo perché non era passato abbastanza tempo. Ma siccome sono passati 20 anni da quel periodo, possiamo effettivamente utilizzare un po’ di più la storia. E quindi per me, quella era un’immagine molto importante. Tanto che l’ho disegnata, e ho fatto dei test di colore, solo per assicurarmi che tutti sapessero come dovesse apparire. Perché quello è stato il momento dell’introduzione della democrazia in Iraq. Quello fu un momento molto difficile. Non fu facile come l’America pensava che sarebbe stato, e ci sono molte ragioni culturali per questo. Il che lo rende una cosa molto diversa dal salvare il mondo da Adolf Hitler.

So che in questo momento sto toccando un tasto molto delicato, ma questa ambientazione può essere collegata all’attuale clima politico e usata per commentarlo?

Beh, l’unica cosa della storia è che si ripete. E quindi, non mi prefiggerei mai di scrivere di qualcosa di strettamente attuale, perché penso che se scrivi di qualcosa di molto attuale, corri il rischio di sbagliarla davvero. Perché penso che quando crei arte nel momento, riguardo al momento, è molto reattivo e potrebbe essere molto sbagliato perché le cose cambiano velocemente. Non vorrei fare una storia su quello che sta succedendo questa settimana e poi il mese prossimo sembra datata e strana e magari non è andata come pensavamo che sarebbe andata.

Quindi, in un certo senso, hai bisogno di tempo. Ma come ho detto, la storia si ripete, quindi potresti guardare la storia e vedere dei parallelismi con quello che sta succedendo nel mondo in questo momento, di sicuro. Ma penso che potresti farlo in quasi tutti i momenti negli ultimi, sai, 50 anni. Voglio dire, ogni paese ce l’ha, giusto? L’America è stata coinvolta in molti conflitti dalla Seconda Guerra Mondiale. Molti conflitti che sono noti, molti conflitti che sono meno noti. E molti di essi riguardano lo stesso tipo di cosa, ovvero rovesciare il governante di un paese. E quindi sì, è rilevante. Ancora e ancora e ancora.

È particolare pensare al lavoro sul supereroe americano più famoso e che questo lavoro provenga da un autore italiano e uno canadese.

Sì, e il colorista brasiliano [Frank Martin].

Sì, quindi nessuno del team è americano. Come ti senti a riguardo? Come senti che questo si colleghi al nostro mondo, al tuo lavoro, alla storia?

Beh, l’America influenza il mondo in modo molto, molto forte. Soprattutto dalla Seconda Guerra Mondiale, sai, e lo si vede anche quando si viaggia. Tantissime persone parlano inglese. E questo è dovuto a molta occupazione americana post-Seconda Guerra Mondiale. Stavo pensando, anche solo sul volo per arrivare qui, che la lingua che ogni pilota deve conoscere per far volare un aereo è l’inglese. Quello è stato standardizzato come risultato della diffusione dell’America in tutto il mondo e del loro, in un certo senso, controllo sul mondo dalla Seconda Guerra Mondiale. Quindi, sì, essendo canadese, sono proprio accanto all’America. Quindi sono cresciuto con la cultura americana, anche più di quanto tu abbia fatto in Italia. Quindi a volte mi sentivo quasi americano. Ogni tanto mi viene ricordato che non lo sono.

Ma Capitan America era un personaggio molto speciale per me perché rappresentava ciò che l’America dovrebbe essere, non ciò che è. E questo significa che Steve Rogers è in ultima analisi un personaggio tragico, perché non raggiungerà mai il suo obiettivo di rendere l’America buona e pura come lui.

È incredibile. Vorrei restare senza parole, ma con questa intervista deve continuare. Vorrei ampliare questa discussione da Capitan America. Lavori su molti supereroi. Hai lavorato su Daredevil. Hai lavorato su Batman. Quindi vorrei chiederti: come ti approcci a questi personaggi diversi, davvero molto diversi? Anche se forse c’è un nucleo nel tuo lavoro, ma come differenzi il tuo lavoro su questi personaggi?

Approccio ogni progetto da zero. Non parto con nozioni preconcette, almeno non consciamente. Le hai dalla nostalgia, dalla tua infanzia, di sicuro, ma di solito il mio primo passo, quando qualcuno mi offre un lavoro, è iniziare a rileggere molte delle storie classiche dei fumetti per quel personaggio, solo per avere una buona idea di quale direzione voglio prendere.

Sì, è divertente perché quando ho fatto Daredevil e Batman, molte persone mi hanno detto: “Oh, sono così simili, come… sai, come li rendi diversi?” e io pensavo “Oh, no, sono molto diversi, personaggi molto diversi”. Ma anche con Batman puoi andare un po’ più fuori di testa. Sai, lo chiamano il “Bat God” perché si, può vincere qualsiasi lotta, può risolvere qualsiasi problema. Daredevil non può. Quindi, in un certo senso, scegli una direzione e ci vai.

Con Daredevil, sono andato il più terra-terra e crudo possibile. Riguardava la violenza ed era sui sistemi di violenza. Mentre per Batman, volevo che fosse implacabile. Volevo che fosse un inseguimento. Volevo che fosse come il tour dell’Universo DC attraverso gli occhi di Batman. Quindi, sì, sì, sviluppi una sensazione per ogni personaggio.

Riguardo a quelle sensazioni per i tuoi personaggi, una delle tue run più emozionanti di recente è stata Spider-Man: Life Story. È stata incredibile. Una delle migliori run su Spider-Man che ho letto nell’ultimo decennio. E una cosa che ho notato in questa storia è che ti concentri molto non su Spider-Man, ma sui suoi nemici, i suoi villain. Quindi, come crei un villain nei super fumetti? Come crei le loro parti fragili.

Beh, sono molto fortunato che un personaggio come Spider-Man, in particolare, abbia una galleria di villain così eccezionale. Ma sono gli altri scrittori che hanno fatto il lavoro per me. Hanno costruito i villain e quasi ogni villain, specialmente nei fumetti Marvel, ha un tragico retroscena. Come Lizard, ovviamente, tragico retroscena del suo braccio. Sai, Octopus, Green Goblin… devi provare empatia per i villain. E in realtà, non l’ho fatto io, l’hanno fatto tutti gli altri scrittori. Quindi per me è molto facile prendere quello ed esplorarlo perché era già stato fatto prima di me. È il bello di lavorare in Marvel e DC: puoi guardare i migliori personaggi, le migliori run e puoi in un certo senso sfruttarli tu stesso per manipolare emotivamente il pubblico.

Posso dire di aver pianto molto con quella run, quindi hai ragione. C’è solo una domanda che voglio farti. Qual è il tuo personaggio Marvel o DC preferito su cui hai già lavorato come scrittore o su cui vuoi lavorare?

Ti dico l’unico libro su cui non scriverò, ed è Justice League International. Che è un fumetto di Keith Giffen, Jim DeMatteis, Kevin Maguire. Sono cresciuto leggendolo. Penso che sia stato il fumetto perfetto. Non potrei mai rendergli giustizia. Quello è l’unico libro in cui sento solo che si regge da solo. Non potrei mai prendere quei personaggi e cercare di ricreare quello. E mi è stato chiesto e dico di no perché è troppo perfetto. A parte quello, faccio qualsiasi cosa. Farò qualsiasi cosa per soldi. Me lo offri, lo faccio. Aquaman, ci sono.
[Consigliamo la visione del video per capire quanto stesse scherzando Chip Zdarsky]

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