Intervista a Dave McKean: IA, Raptor e “interactive media”
Articolo a cura di Francesco Ariani e Angelo Giannone
Durante il Napoli Comicon 2025 abbiamo avuto la possibilità di intervistare per pochi minuti Dave McKean. Artista gigantesco, ha bisogno di ben poche presentazioni. Ha rivoluzionato il fumetto con il suo approccio unico, la fusione di tecniche e stili. Illustratore di Black Orchid e Arkham Asylum e molti altri fumetti, copertinista di Sandman ed Hellblazer (di cui è celebre una copertina realizzata incollando mosche di plastica su una tela), negli anni si è spostato su progetti personali come autore completo. Correndo fra le decadi, ha realizzato lo straordinario – e questa parola non è nemmeno sufficiente a descriverlo – Cages, poi Black Dog e nel 2021 Raptor, pubblicato in Italia da Comicon Edizioni. Nel 2022 ha realizzato Prompt: Conversations With Artificial Intelligence, con l’intelligenza artificiale Midjourney, risultando ancora una volta un pionere. E ancora, negli anni, storyboard di film, musica e mille altre opere.
McKean è per me una leggenda, un artista che più di una volta ha ribaltato il mio modo di vedere un medium, autore con Cages di uno dei miei fumetti preferiti in assoluto.
Ringraziamo Dave McKean per aver risposto alle nostre domande, che vanno dal suo rapporto con l’IA al nuovissimo fumetto Raptor.

Angelo: Nel 2022 hai realizzato Prompt, un fumetto interamente creato con l’IA. La prima domanda è: perché?
McKean: [ridendo] perché?
Angelo: Sono mortalmente curioso.
McKean: Volevo fare un paio di cose: capire davvero cosa stesse accadendo nel mondo dell’intelligenza artificiale e nelle immagini generate dal machine learning. Ero confuso da ciò che vedevo, così ho deciso di sperimentare di persona. Non ho mai avuto problemi con la tecnologia: ero un utilizzatore molto precoce di Photoshop e uso la tecnologia nei film e nella musica che realizzo, amo servirmene. Quindi, se questo era uno strumento nuovo, volevo sapere cosa fosse. Perciò ho deciso di impostare alcuni test e di creare piccole routine affinché l’IA le eseguisse, per vedere cosa facesse bene e cosa meno bene, e alla fine capire come si inserisse nel mio mondo e come io stesso potessi trovarmi in un mondo popolato da queste tecnologie.

Alla fine ho un problema con chi la chiama “strumento”. Certo, l’IA è uno strumento come Internet è una bacheca, ma è molto più di questo: è un enorme cambiamento nel modo di pensare alla natura della creatività e dell’arte. Credo che giocare con queste forze richieda grande attenzione, perché stiamo parlando della natura fondamentale di noi stessi, di come ci relazioniamo e tramandiamo cultura.
Per me l’arte è essenzialmente empatia: vedere come gli umani – gli umani – vedono attraverso gli occhi e le esperienze degli altri. Se vogliamo cambiare questo, possiamo farlo, ma bisogna essere pienamente consapevoli di cosa si sta cambiando. Non si tratta di un semplice strumento “divertente” di contorno: quello che molti chiamano “giocattolo” è il cavallo di Troia che introduce un cambiamento radicale nelle nostre definizioni di creatività e arte.
Inoltre, ci sono altre questioni: l’IA funziona attingendo al lavoro di artisti viventi senza chiedere permesso né pagarli, cosa con cui ho un problema chiaramente. Consuma una quantità grottesca di energia in un momento in cui dovremmo essere sensibili a questo [problema]. Alla fine i miei sentimenti si sono induriti: penso che l’IA avrà un ruolo straordinario in ambiti con la sua natura predittiva in ambiti come scienza, virologia e urbanistica, ma non ha alcuna ragione di esistere nella nostra vita immaginativa, e per questo le sono fermamente contrario.

Angelo: ok, passiamo a Raptor.
McKean: oh, mi piace molto questo argomento.
Angelo: Comicon Edizioni ha pubblicato quest’opera. Semplicemente: come si relaziona questo fumetto, che è “tradizionale”, rispetto ad altri tuoi lavori come Cages o Black Dog?
McKean: Beh, tutti e tre quei libri mi rappresentano pienamente: riflettono i miei valori, la mia visione del mondo. Valorizzano l’arte e la creatività e l’immaginazione individuale. Sono tutti mondi che ho amato esplorare. Black Dog, ambientato nella Prima Guerra Mondiale e negli anni circostanti, è stato straordinario: ho trascorso sei mesi a immergermi in quel contesto e a cercare di comprendere l’esperienza di una persona che attraversava un evento capace di cambiare la vita.
Raptor, invece, nasce da due suggestioni diverse. Amo profondamente la natura — cammino ogni giorno — e seguo con passione il filone del “new nature writing” di autori come Robert Macfarlane; volevo esplorare anche questo aspetto. Mi sono poi innamorato della vicenda dello scrittore horror gallese Arthur Machen, la cui moglie morì giovane e che, nel dolore, cercò di rincontrarla “oltre il velo”, in un mondo ultraterreno. Non credo al soprannaturale — e nemmeno lui alla fine — ma quella confusione e quel lutto che ti spingono a tentare un gesto del genere mi sono parsi molto commoventi, ho davvero adorato quella storia. E poi, ho pensato a qualcosa di abbastanza differente su cui avevo preso appunti.

Come molti, mi sento confuso e impotente di fronte ai cambiamenti politici e alla follia generale che sta accadendo [e qui una risata mezza amara era d’obbligo]. Sto a casa, disegno e cerco di scrivere storie. È tutto ciò che posso fare. Sarei un pessimo politico, ma ho una voce e volevo dire qualcosa su come mi sentivo. Era difficile essere politico-specifici – sai, la politica dei vari Paesi è diversa – ma un denominatore comune è che il denaro corrompe tutto, corrompe la politica assolutamente, e volevo dire questo.

Angelo: Ultima domanda: usi già molte tecniche nei tuoi lavori, ma c’è qualche tecnica che non hai mai usato e che vorresti sperimentare in futuro?
McKean: In termini di disegno, pittura e creazione di fumetti ho già sperimentato moltissimo: adoro provare cose nuove e cercare modi per integrare tecnologie diverse, stili, texture e segni nelle mie opere. Ci sono un paio di idee che mi piacerebbe provare, ma ciò che vorrei davvero esplorare è un media interattivo. Ci sono state un paio di volte in cui mi sono avvicinato a un progetto che fosse esplorativo e interattivo – non narrativo – e credo sia lì la differenza. Molti provano a creare media interattivi, ma vogliono raccontare storie; non è un medium narrativo, è esplorativo, e ho un paio di idee che mi piacerebbe provare a realizzare, ma è molto complicato: la tecnologia è ancora ingombrante e costosa e ci sono pochi posti in grado di supportarla. Sono però certo che presto diventerà più economica, veloce e facile da usare, e non vedo l’ora di mettermi all’opera.

Angelo: Grazie ancora.
McKean: è stato un piacere.
Angelo: anche per me.
