Quando nel corso del 2024 è stata pubblicata la seconda stagione dell’adattamento animato di Invincible, abbiamo discusso di cosa significhi “adattamento fedele” e se questo concetto avesse o meno senso: se la serie di supereroi sceglie una direzione, l’anime di DanDaDan percorre l’ideale opposto.
Invincible, seconda stagione: che significa “adattamento fedele”?
Frutto del lavoro di Science Saru, DanDaDan rappresenta per molti punti di vista la trasposizione ideale di un manga. Non rinunciando a nulla del contenuto, traduce in animazione circa 33 capitoli in 12 episodi, coprendo poco più dei primi 4 volumi del manga.
Per chi non ne fosse a conoscenza, il manga in questione è uno shōnen, pubblicato su Jump+ settimanalmente, edito in Italia da J-POP Manga. I protagonisti sono gi adolescenti Ken Takakura e Momo Ayase, che si conoscono per via del rispettivo scetticismo nei confronti di spettri e alieni. Da qui il peculiare furto dei testicoli (!) del protagonista da parte di uno spirito, lo sviluppo di strani poteri e l’inizio dell’avventura.
Descrivere DanDaDan con le sole parole è complesso, che si parli o meno dell’anime. Gli ingredienti non sono nulla di realmente nuovo, ma sono mescolati e impiattati in modo da sembrarlo. L’azione si unisce ai misteri, affiancandosi alle componenti romcom, dando vita ad un’opera dove i due generi più rappresentati nel target shonen convivono e si amalgamano.
Cosa si trova quindi in questa prima parte di DanDaDan?

DanDaDan, prima stagione dell’anime – Opzioni per lo streaming
Aspetti tecnici: l’adattamento “perfetto”
Science Saru è uno studio nato dal regista Masaaki Yuasa, autore di anime incredibili come Kaiba, The Tatami Galaxy, Ping Pong e Devilman Crybaby. Lo studio eredita dal suo fondatore l’impronta autoriale, pur variando fra stili e generi diversi, ad esempio passando da una storia giapponese in ogni suo aspetto come Heike Monogatari ad un’opera d’azione sui generis basata su un fumetto occidentale come Scott Pilgrim Takes Off.
Alcune di queste opere, come l’ultima citata, sono eclettiche, dinamiche e sopra le righe, esattamente come il manga di DanDaDan. Quello che sulla carta era un ottimo abbinamento si è dimostrato una scelta vincente.
L’anime non solo non tralascia alcun evento, ma riesce ad avere sempre un ritmo perfetto in ogni episodio. Le vere scelte vincenti, però, riguardano l’uso del colore e delle inquadrature. Proprio come il manga, c’è un ampio uso di distorsioni, simil-fisheye e prospettive audaci, senza andare per forza a ricalcare le esatte scelte del cartaceo, ma cogliendone in pieno l’estro artistico e generando lo stesso effetto nel fruitore. Per il colore, si preferisce abbandonare il realismo, tinteggiando alcune scene o intere sezioni con un colore dominante. Da un lato questa scelta crea – assieme alle precedenti – una forte impronta stilistica, dall’altro contribuisce all’atmosfera e ad enfatizzare il senso di soprannaturale. Alieni ed entità spiritiche hanno in DanDaDan un potere sulla realtà e sul mondo e legare ognuno di essi ad un tipo di colorazione aiuta anche a renderli distinguibili e memorabili.
Ed ecco che si ritorna al senso della parola “adattamento”. Ci sono piccole modifiche e deviazioni dal manga, ma queste non solo non vanno a danneggiare la coerenza interna, ma sono spesso dovute proprio al cambio di medium. Ne risulta così un prodotto in grado di esaltare i pregi di DanDaDan, eliminando anche qualche piccolo problema di ritmo con un anime tecnicamente validissimo sotto ogni punto di vista.
Ulteriore esempio e coronamento di questo concetto? Le scene d’azione. Sulla carta si assiste ad azioni fluide, composizioni originali ed un ottimo uso della guida oculare. Su schermo la stessa fluidità è resa con cambiamenti di prospettiva e “movimenti di macchina”, in linea con le tendenze degli ultimi anni. Ma il seguire questa “moda” non rende tali scene anonime o incoerenti fra loro. Se nel commento ad Invincible si è discusso di adattamento, in quello all’anime di Frieren di direzione artistica. Anche quell’argomento torna ora utile, dal momento che DanDaDan ricalca quello stesso esatto pregio e possiede quindi unitarietà stilistica attraverso tutta la stagione.
Frieren – Immaginazione, direzione artistica e legami con il passato
Ma a parte spiriti, alieni, furti di genitali e amori fra teenager, cosa racconta DanDaDan?
Aspetti contenutistici dell’anime: “DanDaDan non racconta nulla”
Le tematiche presenti in DanDaDan sono quelle tipiche del genere e del target. L’importanza dell’amicizia, della fiducia in sé stessi e verso gli altri, la determinazione, la perseveranza e la capacità di ascoltare e comprendere gli altri. Superficialmente, potrebbe sembrare che il manga – o anime che sia – mescoli quanto citato ad una spiccata componente comico-romantica e non aggiunga altro.
La stessa struttura narrativa non ha nulla di innovativo. Per un qualche motivo si presenta un nuovo nemico, viene sconfitto, c’è un qualche momento emotivo, si guadagna a volte un nuovo alleato e c’è l’avanzamento del romance tra i due protagonisti. Cambiano i modi in cui avvengono alcune di queste dinamiche e la lunghezza dei vari archi narrativi.
Tuttavia, ad ennesima dimostrazione che il come conta più del cosa, questa ricorsività non si trasforma mai in ripetitività, ma crea una zona di comfort per il lettore piacevole e stimolante, riuscendo ad incuriosire e trascinare. DanDaDan assomiglia ad una caotica spirale, dove le cose non solo non si ripetono sempre uguali, ma allargano di volta in volta il numero di tematiche e personaggi, assieme alla maturazione degli stessi. I pasti “di fine saga” sono un classico nei manga e negli anime ed enfatizzano ancora di più questa struttura dell’opera. Sono momenti di pausa, divertimento, confronto costruttivo e piacevole follia.
Questo non scioglie comunque il nodo di cosa racconta DanDaDan, o forse sì?
Alla lista della spesa di inizio paragrafo manca un ingrediente essenziale: l’elaborazione dei propri traumi. Per quanto il gruppo di personaggi si allarghi, questo resta un punto fermo e la linea di collegamento fra tutti loro. Per chi fosse digiuno del manga, il settimo episodio dell’anime è stato solo l’inizio.
Attenzione! Da qui in poi l’analisi prosegue con elementi della trama. Chi non amasse gli spoiler è invitato a non proseguire la lettura.
A proposito: proprio per le tematiche trattate, la visione degli episodi in questione non è consigliata a chi passi un periodo di travaglio interiore. E come sempre, se hai bisogno di aiuto, rivolgiti alle persone a te più care e a professionisti del settore.
Per chi non conosceva gli avvenimenti, il settimo episodio è stato un pugno nello stomaco, tanto violento quanto inaspettato. In un anime che fino a quel momento scherzava sulle cotte adolescenziali e i testicoli rubati, entra all’improvviso una storia di suicidio e prostituzione. Non sorprende che sia stato l’episodio più discusso in termini di forma, contenuto e adattamento.
Partendo dalla fine, c’è stata la modifica di una scena esplicita per rendere il momento più fruibile al pubblico televisivo giapponese. Questa è stata compensata dall’allungamento di altre scene, con quella del ballo, dotata di una potenza unica e caratteristica dell’animazione, eccellente tanto dal punto di vista dell’animazione quanto della narrazione. E più di tutto questo, c’è stata la tragica storia di una madre e di come l’amore sconfinato per una figlia non abbia potuto sconfiggere la malvagità del mondo.
Tuttavia, l’importanza di questo episodio non è isolata, ma si inserisce in un contesto più ampio che copre tutta l’opera, fungendo da punto di non ritorno. Ci saranno altri di questi momenti, è ovvio, ma ciò che scardina la frase “DanDaDan non racconta nulla” è come sono utilizzati. Non sono solo la scappatoia semplice per caratterizzare il nemico di turno e strappare qualche lacrima, ma un modo per unire i personaggi, portarli a riflettere su loro stessi e in ultimo luogo farli crescere.
Ritornando sull’episodio, il flahsback messo in scena appartiene allo spirito che i protagonisti stanno affrontando, ma è Aira ad uscirne maturata e con una nuova consapevolezza, divenendo poi un comprimario. Questo schema si ripete nel futuro con più o meno variazioni, ma costituisce il principale nucleo narrativo di DanDaDan.
Da un lato i traumi caratterizzano inevitabilmente una persona, dall’altro la loro elaborazione è necessaria per non esserne schiacciati, ma non può avvenire in solitudine. Il contatto con persone diverse, dal vissuto diverso e che combattono battaglie diverse porta alla comprensione e maturazione reciproca. È un meccanismo che in quest’opera investe tanto gli adolescenti quanto gli adulti, si intreccia con altre tematiche (il legame genitoriale, come ulteriore esempio) e in questo modo evita di banalizzarsi. Ecco cosa racconta DanDaDan. Potrà apparire scontato, ma lo è davvero in un’opera con target adolescenziale? E lo è se l’opera in questione unisce tutti gli elementi citati fino ad ora, riuscendo a farli coesistere, senza che nessuno prenda globalmente il sopravvento?
Conclusioni – al prossimo pasto
DanDaDan è un caos organizzato, ben architettato e gestito, in grado di vivere in un equilibrio precario su cui barcamena con estro e originalità. La sua superficiale leggerezza e comicità enfatizzano i momenti più tragici, fungendo allo stesso tempo da catalizzatore per le loro tematiche, ma rassicurando lo spettatore. Perché ci sarà sempre un prossimo pasto, un tavolo pieno di cibo attorno a cui ridere, piangere, litigare, scherzare e riunirsi, con amici vecchi e nuovi, in attesa di superare il prossimo imprevisto che la vita metterà sulla strada.
