A più di un anno dall’uscita di Stacy ho deciso di approcciarmi alla sua lettura, titubante ma estremamente interessato a ciò che avrei letto: Gipi – pseudonimo di Gianni Pacinotti – è un autore per cui ho provato, provo e proverò interesse, ma questa sua opera edita da Coconino Press nel 2023 mi turbava molto ed il motivo, semplicemente, è la sua origine.

la copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Ariani
la copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Ariani

L’autore da sempre inserisce la sua vita vissuta nei fumetti che realizza e Stacy non fa eccezione. Questo fumetto si ispira e trova la sua genesi in uno spinoso caso mediatico che ha coinvolto Gipi nel 2021. Senza entrare eccessivamente nel dettaglio – anche perché le vignette e i commenti incriminati sono spariti assieme ai profili social dell’autore – in quel periodo Gipi realizzò una vignetta satirica nei confronti della campagna del collettivo Non una di meno: gli slogan dell’epoca sostenevano, sommariamente, che alla testimonianza di una donna si dovesse sempre credere in via preliminare, a prescindere da tutto.

la quarta di copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Arianii
la quarta di copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Ariani

Oggi una persona che non avesse seguito allora la vicenda non potrebbe ricostruirla con facilità – anche perché le vignette e i commenti incriminati sono spariti assieme ai profili social dell’autore – e tutto quel che resta è una manciata di articoli e solo un punto di vista, quello dell’autore, in alcune interviste rilasciate a due anni di distanza, per l’occasione dell’uscita del fumetto oggetto di questo articolo.
Fonti: [Lucy sulla Cultura] [la Repubblica] [ilLibraio] [Fumettologica] [Fumettologica]

Per parlare di Stacy bisogna parlare della sua genesi, quindi bisogna parlare di questo evento e vanno messe in fila delle premesse sulla mia opinione a riguardo di quanto avvenne nel 2021. Fermo restando che l’unica assicurazione che potrete avere qui è la mia parola, quando ebbi modo di leggere quella vignetta satirica e farmi un’idea fu che, in breve, non la trovavo azzeccata per il momento storico che correva e che sostanzialmente l’autore si fosse espresso in modo maldestro su un argomento che non necessitava della sua voce. Ciò che avvenne in seguito fu per me, ed è tutt’ora, una catena di eventi assolutamente deprecabili: Gipi venne violentemente attaccato sui social da centinaia di persone e in breve tempo venne abbandonato da quasi chiunque.

Questo dilemma si colloca sostanzialmente nella cerchia di giornalisti, intellettuali e simpatizzanti dei pensieri di sinistra, persone che nella teoria e nella pratica trovavano in Gipi un faro di ragionamento intellettuale da cui attingere. Abbandonato alla gogna mediatica e poi all’oblio mediatico, l’autore è uscito dai riflettori della vita pubblica e fino al 2023 ha elaborato questa situazione traumatica in Stacy, la storia di Gianni, uno sceneggiatore di successo che durante una intervista si lascia scappare di un sogno non esattamente pulito, in cui rapiva una donna con un furgone bianco e la definiva con queste tre parole: “Stacy è burrosa”.

Foto di Francesco Ariani

Il mio interesse per Stacy era dunque in primo luogo contenutistico: volevo sapere in che modo Gipi avesse elaborato quell’incidente, se fosse convinto della bontà del suo gesto o meno, di come vivesse i social e molto altro ancora. Mi rendo conto adesso che questo approccio da parte mia, seppur in buona fede, non è ciò che questo fumetto merita e nello spiegare il perché ritenga Stacy un fumetto davvero degno di attenzione, vorrei anche rendere chiaro perché ho ritenuto di voler aggiungere la mia voce alla pletora di articoli – scritti da persone molto più competenti di me – che parlano di questa opera.

In precedenza ho sostenuto che l’autore, nel 2021, si espresse in una situazione nella quale fondamentalmente poteva anche non intervenire: non solo resto di questa idea ma è per me un vero e proprio approccio alla vita di tutti giorni. Ritengo che chiunque di noi, dalla persona più umile all’intellettuale più colto, non sia tenuto sempre e comunque ad esprimere la propria idea su qualcosa: chiaramente non esprimo tale giudizio come un attacco alla libertà d’espressione, ma come dichiarazione sull’uso che ognuno di noi fa di questo diritto fondamentale. Ribaltando su me stesso questo ragionamento, potrei in effetti non esprimermi su Stacy, soprattutto ad un anno dalla sua uscita e, a maggior ragione, in quanto ciò che Gipi ha raccontato non mi trova pienamente d’accordo.

Dunque, ancora una volta, perché parlarne? Volendo restare su di un livello più superficiale d’analisi, proprio perché per quanto personalmente ancora una volta mi trovi in disaccordo su molte delle analisi sociali ed idee proposte da Gipi in Stacy, non le trovo però banali. Non è una legge infrangibile quella secondo la quale bisogna leggere o parlare solo di cose con cui siamo d’accordo, a maggior ragione come nel caso di Stacy in cui il pensiero dell’autore non è affatto banale e può essere uno spunto per l’autocritica, un modo per mettersi in discussione e osservare il mondo da un’altra prospettiva.

Foto di Francesco Ariani

Come già detto però non è questa l’analisi che trovo degna di Stacy: un comportamento che mi metterebbe al pari di quei personaggi che nel fumetto condannano e abbandonano Gianni, persone che si concentrano morbosamente su quelle tre parole, “Stacy è burrosa”, per distruggere una vita. Questo perché Stacy è in primo luogo e, soprattutto, un fumetto: una frase banale, forse, ma che dovrebbe servire a ricordarci che Gipi non ha scritto e disegnato tutto questo solo perché noi leggessimo le parole, almeno, non sempre.

Ad un primo sguardo disattento Stacy può apparire come una delle classiche opere di Gipi, cosa che invece non è. La storia parte in medias res, con una scena che confonde il lettore e porta immediatamente a chiedersi come Gianni si sia trovato in quella situazione. Da lì in avanti la storia seguirà un andamento temporale più o meno regolare, seppur disturbato da diverse allucinazioni e flashback del protagonista: ciò che non è regolare sarà la struttura della messa in scena.

Foto di Francesco Ariani

Stacy mette in scena le sue vicende in tre modi: pagine in cui manca la gabbia, ariose, piene di spazio; pagine in cui la gabbia è presente, stretta, soffocante, un 2×4 che lascia spazio solo a primi piani di gente che parla; infine pagine che abbandonano il disegno e sono, piuttosto, veri e propri frammenti di sceneggiatura, scritti e presentati come un flusso di coscienza con annesse cancellature. Queste diversità non sono casuali, così come non lo è la scelta dell’autore di realizzare il fumetto in bianco e nero, avendo lui già realizzato opere a colori, o come non lo è la costante e morbosa ripetizione di alcune frasi e scene.

Foto di Francesco Ariani

Stacy all’inizio sembra divenire sempre di più un roboante flusso di coscienza, un fumetto scritto di fretta e con rabbia che per certi versi lascia al caso la sua struttura, dando modo a Gipi di sfogare la sua frustrazione per ciò che lui e il suo protagonista hanno vissuto. Questo, forse, è in parte vero, come lo è il fatto che da metà volume in poi questa rabbia sempre dissiparsi, diventando accettazione, rassegnazione forse, ma sicuramente esprimendo una calma serpeggiata da rammarico e un po’ di vergogna. Quello che dico non si evince semplicemente dalle vicende mostrate o dalle parole che riempiono i balloon, quanto come detto proprio dalla struttura della messa in scena, dalle ripetizioni, dagli sguardi, dalla presenza o dall’assenza della gabbia.

Le tre differenti gestioni della pagina da parte di Gipi esprimono chiaramente intenzioni differenti che dovrebbero dunque dare al lettore chiavi di lettura diverse ed emozioni diversificate. La gabbia opprimente usata in Stacy – evento raro per Gipi – serve proprio a comunicare la claustrofobia di quei dialoghi, la mancanza di spazio di analisi fra le persone che si parlano, il modo in cui i protagonisti di quella scena siano chiusi in uno schema rigido che deve essere comunicato al lettore.

la copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Ariani
la copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Ariani

Quanto detto finora è per me ciò che merita di essere analizzato in Stacy, non soltanto la sua genesi, l’ideologia riportata da Gipi e l’elaborazione del trauma vissuto. Il modo in cui tutto questo ha cambiato il suo modo di fare fumetto, di comunicare con il lettore tramite immagini è ciò che rende Stacy un’opera rara e preziosa che merita di essere vissuta dai lettori nel giusto modo e che, soprattutto, slega questo fumetto dagli eventi del 2021 e dunque da una sua collocazione temporale che, altrimenti, l’avrebbe resa un’opera tutt’altro che interessante.

la copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023)
la copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023)

Scheda tecnica

Autore: Gipi
Data di uscita: Ott 2023
Tipo prodotto: Fumetti
Prezzo: 23 euro
Rilegatura: Cartonato
Formato: 17×24
Interni: B&N
Pagine: 264

la quarta di copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Arianii
la quarta di copertina di Stacy, graphic novel di Gipi, pubblicato da Coconino Press (2023). Foto di Francesco Ariani

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