My Hero Academia: il finale – grazie Kōhei Horikoshi

Con il capitolo 430, pubblicato sul Weekly Shōnen Jump in Giappone e su Manga Plus per il resto del mondo, si è conclusa la corsa decennale del manga di Kōhei Horikoshi, iniziata nel lontano 7 Luglio del 2014. Il manga si concluderà così con un totale di 42 volumi, 39 dei quali sono già stati pubblicati in Italia, mentre l’ultimo verrà stampato in Giappone intorno al mese di dicembre.

Per chi legge gli articoli che firmo ormai da più di due anni – in questa situazione preferisco parlare in prima persona, così da comunicarvi al meglio le emozioni derivanti da questo finale – non dovrebbe essere una sorpresa che l’ultimo capitolo di My Hero Academia avrebbe catturato buona parte della mia attenzione e dei miei sforzi, persino in un periodo feriale come il mese di agosto. Ancor prima di parlare dell’opera di Kōhei Horikoshi, cosa su cui mi soffermerò senza fare spoiler, così che questo articolo sia fruibile da chiunque, sento la necessità di spiegare cosa significhi per me fruire di un manga settimanale per così tanto tempo.

Leggere fumetti è, molto spesso, una sorta di rito: le uscite cadenzate hanno questo effetto, scandiscono il tempo e fanno sì che le persone ritaglino uno spazio specifico per la lettura. Ogni domenica, alle 16:00 o alle 17:00, il mio mondo si fermava per fruire di quelle quindici o venti pagine così accuratamente prodotte da Kōhei Horikoshi e il suo team di assistenti. Con My Hero Academia (oltre che con diversi altri manga settimanali) è stato così per me, come per centinaia di migliaia di lettori, soprattutto negli ultimi anni. Questo rito, che per me va avanti più o meno dal 2016 o il 2017 – dopo tanti anni è difficile ricordare tutto alla perfezione – ha reso My Hero Academia come una sorta di “amico”, qualcosa lì per me ogni settimana. Un fumetto simile mi permetteva ogni settimana di emozionarmi, divertirmi, ragionare e poi trasmettere queste emozioni e pensieri a tanti altri lettori, con cui si creano quelle “community” che sono croce e delizia dei tempi moderni.

la copertina del primo volume italiano del manga My Hero Academia, opera di Kōhei Horikoshi
la copertina del primo volume italiano del manga My Hero Academia, opera di Kōhei Horikoshi, edito in Italia da Edizioni Star Comics 

Il mio approccio con My Hero Academia non fu particolarmente roseo, tra l’altro. Nel lontano 2014 si chiudeva il mio manga preferito dell’epoca, Naruto, e la Shūeisha tentò durante l’anno di pubblicizzare My Hero Academia come un erede del fumetto di Masashi Kishimoto: questa pubblicità ebbe su di me l’effetto opposto di quello desiderato e, per questo, finii ad attendere la pubblicazione italiana per approcciarmi a questo manga, per di più con una certa diffidenza. Mai come oggi sono contento di aver fatto un salto nel buio, gettandomi nella lettura di un manga che, sono certo già ora, resterà nel mio cuore per moltissimi anni a venire. Lo farà per mille motivi, perché mi ha accompagnato per anni e mi ha fatto conoscere persone meravigliose, perché si tratta di un’opera stracolma di messaggi positivi, veicolati in modo intelligente, perché la mano di Kōhei Horikoshi è per me imbattuta sul Jump da anni: lo farà perché è stato un manga che fino alla fine mi ha lasciato tanto, restando coerente con sé stesso ed “onesto” nei confronti di noi lettori.

Questo finale per molte persone è stato una sofferenza, ne sono consapevole ed è palpabile nelle chat online, nelle sezioni commenti di YouTube, i luoghi di aggregazione digitale dei lettori di fumetti. Le numerose pause dell’autore hanno stressato i lettori che volevano tutto e subito, così come l’ammissione stessa di Kōhei Horikoshi di aver deciso, durante l’arco narrativo finale, di allungarsi su alcune questioni, pur di raccontare tutte le vicende che aveva in mente, con il giusto spazio. Il timore del giovane autore giapponese di abbandonare la sua opera migliore era palpabile ma, a mio avviso, sicuramente non negativo: ho avvertito per tutto il tempo l’amore di Kōhei Horikoshi per la sua opera, il tentativo di fare del suo meglio, anche se sapeva che questo lo avrebbe portato a separarsi dalla stessa.

la copertina del volume 36-37 del Weekly Shōnen Jump

Il capitolo 430 è il frutto di un percorso, iniziato quattro capitoli prima dopo il climax che per molti altri manga shōnen avrebbe significato la fine del manga nell’arco di un solo capitolo. Kōhei Horikoshi, invece, ha preferito prendersi il giusto tempo, chiudere tutte le linee narrative in sospeso a suo modo, con calma e con un percorso ragionato, fino all’ultimo capitolo che celebra quanto fatto in tutti questi anni. Le citazioni al primo capitolo sono chiare e non svolgono semplicemente uno scopo di fanservice, quanto quello di far capire al lettore che si sta chiudendo un cerchio, che i temi portati avanti dall’autore hanno raggiunto una loro risoluzione nel mondo narrativo creato in questi dieci anni.

la copertina del volume 41 del Weekly Shōnen Jump

My Hero Academia non ci lascia con esplosioni e combattimenti protratti fino all’ultimo secondo, ma ci lascia invece con quello che ha sempre fatto, ragionare sul concetto di eroismo e di come questo esercizio di pensiero possa impattare sulla società in cui viviamo. My Hero Academia ci lascia ricordandoci che per essere un eroe non bisogna essere speciali, non bisogna avere poteri incredibili calati dall’alto, ma che bisogna semplicemente agire, fare il primo passo e spendersi per il prossimo, dando il massimo che le proprie capacità ci permettono. In una società che dovrebbe aiutare tutti e comprendere le diversità delle persone, valorizzandole nel miglior modo possibile, tutti potremmo essere eroi, raggiungendo con le nostre mani quelle degli altri, anche a costo di farci male nel processo, anche a costo di fallire e restare solo con una dolorosa lezione da imparare. My Hero Academia mi lascia a pochi mesi dai 30 anni, con delle lezioni difficili da digerire, temi su cui tutt’ora discuto con persone della mia età o più anziane senza trovare una soluzione, mi lascia ricordandomi come un fumetto per adolescenti, se scritto bene, può parlare a tutti con una stratificazione dei livelli di lettura esemplare.

Ricorderò My Hero Academia e il suo mondo di stupendi personaggi per tanti anni e farò tesoro nel miglior modo possibile dei messaggi che questo manga veicola. Spero, fin dal profondo del cuore, che sia lo stesso per voi che state leggendo questo articolo e vi invito a non disperarvi, parleremo in altri modi di questo manga per molto tempo, magari meno di pancia e più con la testa. Fino ad allora, grazie My Hero Academia e grazie Kōhei Horikoshi, per questi anni di letture stupende ed emozioni genuine.

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