Eros, opera di Marco Zingoni, Gabriele Lapi e Leonardo Fantini, e Thanatos , opera di Vittorio Passaglia, Daniele Camprini e MO_BI – collettivo Scilla – recensione
Articolo a cura di Francesco Ariani e Angelo Giannone

Eros e Thanatos sono due volumi antologici scritti, disegnati e curati in ogni dettaglio della sua produzione dai membri del collettivo Scilla. Le tre storie presenti in Eros, “Lo spazio in mezzo”, “Il ragazzo venuto da lontano” e “Primogenito” sono state realizzate interamente da Marco Zingoni, Gabriele Lapi e Leonardo Fantini; le tre presenti in Thanatos, “Agape”, “Trail” e “Denti del giudizio” sono state realizzate da Vittorio Passaglia, Daniele Camprini e MO_BI.
Eros esplora “le intricate sfumature del desiderio e delle passioni umane”, citando ciò che è scritto in quarta di copertina. L’intenzione chiara in ognuna delle tre storie è proprio quella di esplorare le relazioni umane relative all’amore, che si tratti di amore carnale o romantico, di amore genuino o di amore possessivo. Questa scelta da parte dei tre autori non si declina unicamente nei soggetti delle tre storie proposte, ma anche nell’aspetto grafico.
I primi due racconti sono completamente in bianco e nero, tranne per alcuni elementi colorati con una chiara tonalità di rosa: sarà questo colore infatti, fin dalla copertina, a farsi portavoce dei sentimenti di cui Eros vuole parlare. La terza storia è interamente a colori, sfoggiando una palette che molto si avvicina al rosa associato all’amore in questo volume, che verrà usato per un personaggio specifico a voler rappresentare visivamente la sua profonda passione.
Proprio in quanto antologia, Eros propone tre stili decisamente differenti fra di loro. “Lo spazio in mezzo” di Marco Zingoni sembra rifarsi ad uno stile manga, approcciando la narrazione in medias res nel tentativo di coinvolgere subito il lettore, così da fargli comprendere man mano come si sia arrivati alla situazione della prima pagina. “Il ragazzo venuto da lontano” di Gabriele Lapi ricorda la linea chiara francese, il classico Tintin, e si approccia alla narrazione con un tono più formale, ricco di dialoghi. Infine, “Primogenito” di Leonardo Fantini ha uno stile più particolare, a tratti grottesco, rappresentando questo curioso mondo popolato da rane giganti e re e regine umanoidi.
In generale i concetti esplorati nei tre racconti sono molto chiari, quasi didascalici per certi versi, ma nella loro chiarezza trovano parte della loro forza. La passione romantica o carnale può essere positiva o negativa, dipende da come la si impugna, se la si usa per il bene altrui oltre che per il proprio allora l’amore darà i suoi frutti, in caso contrario si resterà a mani vuote in un grigiore privo dell’amore di cui non si può fare a meno. In quanto esseri viventi non possiamo negarci alle relazioni umane, che si tratti di avere degli amici, di ardere di amore o di passione carnale per qualcuno, ne abbiamo bisogno e, se scapperemo, non faremo altro che perdere una parte importante della nostra vita.

Thanatos, invece, “raccoglie visioni uniche sulla morte, dal suo aspetto più tenuto al suo lato più tranquillo e rifilessivo”, restando sempre sulla quarta di copertina. Si tratta stavolta di esplorare lati diversi della morte e del suo rapporto con i vivi, riuscendo nuovamente a trovare una grande variabilità negli stili e nei soggetti. Di nuovo, messaggi chiari ma forti. Il colore dominante passa dal rosa al verde (anche nelle straordinarie copertine), un verde gelido e agghiacciante, marcio e pericoloso.
“Agape” di Vittorio Passaglia è il racconto perfetto per aprire il volume e fungere da raccordo con il precedente, al pari di come l’ultimo di Eros crea un gancio con il tema della morte. Agape, infatti, è una parola greca utilizzata per indicare un amore smisurato e disinteressato, risultando quindi perfetto per raccontare di come la morte si possa innamorare e delle conseguenze sul suo compito. I personaggi ricordano i fantasy europei, le tavole sono dominate dal verde e dalla crudezza della matita; non c’è spazio per l’inchiostro, ma ne trova un’impostazione delle tavole mai monotona, in grado di rendere potenti i picchi emotivi della storia. Il finale è potentissimo, con un rimando alla tragedia greca, a riconnettersi con i personaggi protagonisti ed il titolo stesso.
“Trail” (Traccia) di MO_BI esplora invece un concetto di morte completamente ferale, selvaggio, primitivo. In un crescendo di tensione capace di ribaltare continuamente il punto di vista tra predatore e preda, segue le tracce di una belva e di un vecchio cacciatore. Lo stile vive di tratto sottile e inkwash, di chine e inchiostro che lasciano al verde un ruolo marginale eppure efficace, ridotto ai soli elementi relativi ai sensi. Una traccia, appunto, olfattiva, degli occhi nell’ombra, un’impronta. In “Trail” la morte è caccia e pertanto è anche brivido, tensione ed azione; perciò, non può che mancare un finale capace di lasciare un brivido freddo, con la consapevolezza che alla fine chi vince è sempre il predatore e la morte con lui.
“Denti del giudizio” di Daniele Camprini è un western duro e puro dove, in maniera complementare ad altri racconti, il verde trova più spazio che mai, caratterizzando personaggi e ambienti, incarnando la sua sfumatura più marcescente, perfetta per accordarsi con la storia di un cowboy fortunato. Fortuna, o destino? O frutto solo di scelte giuste, per quanto folli? Sotto una patina ilare e grottesca (vien quasi da pensare ad alcuni aspetti del lavoro dei fratelli Coen), si esplora l’interconnessione della morte con il destino e le scelte e di come la (s)fortuna possa essere una manifestazione dell’una o l’altra cosa. Il tratto aiuta l’immersione in una storia dove il fortunato protagonista matura (forse) fino al finale, e cosa sono considerati i denti del giudizio se non il segno biologico di una avvenuta maturità? Quantomeno, quella anagrafica.
In conclusione, Eros e Thanatos, seppur fruibili separatamente, costituiscono un’ottima copertina di presentazione per il collettivo, adatta per conoscere stili grafici e narrativi dei suoi componenti, esplorando in modi semplici, efficaci ma non per questo banali l’amore, la morte e anche il loro rapporto.
