Un pensiero logico e legittimo nell’approcciarsi all’ennesimo volume autobiografico della stessa autrice è chiedersi cosa abbia ancora da dire e da dare. Nel finale de La mia fuga alcolica, Kabi Nagata ironizzava su come potesse chiudere il volume con un suo secondo ricovero in ospedale, per agganciarsi ad un eventuale prossimo lavoro (ma non accade). Provate ad indovinare come inizia Il mio povero pancreas?

Ancora l’alcolismo, ancora l’ospedale, con in più nel mezzo la pandemia da coronavirus. Il dramma dell’isolamento ospedaliero che porta ad una fuga, in un prologo strepitoso.

C’è più padronanza del tratto, della sintesi, degli spazi nella tavola e nelle inquadrature scelte. La tipica monocromia di Kabi Nagata non cambia solo tonalità, ma nella gestione stessa del colore. Il giallo è presente in abbondanza, un colore caldo che decora, evidenzia, diventa protagonista della narrazione, agendo per sottrazione nei momenti drammatici, dove è il classico bianco e nero a dominare.
Il mio povero pancreas è un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione del suo stile. Il prologo in medias res si direbbe più adatto ad un’opera di finzione (che l’autrice vorrebbe tanto riuscire a scrivere). La narrazione gestisce al meglio i tempi, gli atti, il dramma, passando attraverso un climax emotivo ed un finale capace di ritrovare quella vena ironica distintiva di questi volumi. Eppure, questa è probabilmente l’opera più drammatica dell’autrice.
Raccontare una ricaduta nell’alcolismo ed analizzarla con lucidità richiede uno sforzo immenso ed una capacità di riflessione sulla propria condizione non comune. Certo, nel finale si ritrova l’ottimismo, le cose vanno di nuovo “bene”, ma questa volta l’ordalia dev’essere stata peggiore.

Sarebbe presuntuoso pensare di desumere la condizione psicofisica di un autore dalla sua opera, ma è possibile ragionare d’induzione sull’alter ego messo su carta. Preme sempre ricordare come “Kabi Nagata” sia un nome d’arte e l’aspetto con cui l’autrice si ritrae è molto diverso da com’è in realtà. Ebbene, quella Kabi Nagata ha raggiunto in questo volume il picco della sua sofferenza.
Il racconto del ricovero non manca di una vera ironica, ma allo stesso tempo è il centro di una spirale di dolore. Ci si ritorna più volte, fisicamente e mentalmente, per cercare di ricostruire un percorso che porti sulla via della guarigione, senza necessariamente raggiugerla.

Eppure, tutto questo non è il reale centro de Il mio povero pancreas. Prima ancora del finale esplicativo, leggendo fra le vignette si percepisce come la reale tematica sia la mancanza di comunicazione. La stessa autrice lo realizza solo dopo un’ulteriore analisi e rilettura dello storyboard, in quel circolo di “storia che scrive se stessa” presente anche in Diario di una guerriera single.
L’incapacità di comunicare e “comunicarsi”, inteso come impossibilità di svelare i propri pensieri agli altri, sono la reale causa alla base dei problemi narrati nel volume. Non a caso chi vi scrive ha provato frustrazione durante alcuni passaggi. Qualcosa che non era mai successo leggendo questa autrice, eppure non è un’emozione negativa come sembri. È la frustrazione che si potrebbe provare quando una persona a cui si vuole bene non riesce a fare quel piccolo passetto che le consentirebbe di superare un ostacolo. È una frustrazione tale da portare a parlare con quel bianco, nero e giallo, con quelle pagine che non possono rispondere.
“Parla, Kabi! Urla al mondo come ti senti, non farlo solo con i tuoi manga”!
Non è ancora a caso come proprio quando questo accade, in modo piccolo, intimo, “normale” per la maggior parte degli individui, che arriva qualcos’altro di mai sperimentato con Kabi Nagata. È definibile con una parola, ma ne racchiude molte altre. È un misto di gioia e tenerezza, il picco dell’empatia nei confronti di poche linee sulla carta, di qualche semplice riquadro in grado di causare una delle reazioni emotive più intense che esistano.
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Autore: Kabi Nagata
Data di uscita: 10 Apr 2024
Tipo prodotto: Fumetti
Prezzo: 12,00 euro
Rilegatura: Brossurato con Sovraccoperta
Formato: 15×21
Interni: B&N
Pagine: 136
Il volume recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.