Cos’è un “mostro”? Quali sono le caratteristiche per definire qualcosa univocamente come tale? Noel Carroll, nel suo Philosophy of horror: or, paradoxes of the heart trova nella repulsione il comune denominatore atto a definire l’entità alla base di molti (per lui tutti) gli horror. A livello intuitivo, Hulk è definibile come mostro, fosse anche per una mera questione di aspetto. Tuttavia, la profondità del personaggio esiste nel suo essere parte di Bruce Banner, un essere umano, uno scienziato, non un “mostro”. Dal maggio 1962 ad oggi il “duo” è stato declinato in molte salse diverse, ma nessuno è mai riuscito a tornare alle origini ed esplorare le multiple sfaccettature del mostro verde come il duo Al Ewing – Joe Bennett nel loro L’immortale Hulk (per quanto se ne parli utilizzando il titolo originale, Immortal Hulk).

Sin dalla sua creazione, Hulk ha accentrato più “mostri” classici occidentali in un unico personaggio. Nei primi numeri tendeva a manifestarsi di notte, come un licantropo; la dualità tra Hulk e Banner è un parallelo con Dottor Jekyll e Mister Hyde; la fisicità di Hulk ed i suoi comportamenti richiamano il mostro di Frankenstein. Ewing attinge a tutte queste ispirazioni, adottando allo stesso tempo un approccio che ricorda Grant Morrison. Questa influenza la conferma lo stesso Ewing in un’intervista a Comics Beat del 2019. Ne L’immortale Hulk convivono quindi la voglia di tornare alle radici del personaggio ma anche di tenere in conto tutto ciò che abbia mai vissuto. È una sfida potenzialmente impossibile, da cui Ewing esce quasi intonso. Non è questo il momento di spiegare come, visto che coinvolge una parte della run non presente in questo volume, ma ci riesce.

Tornando indietro, nell’arco dei primi cinque numeri Ewing riesce a far manifestare tutte le multiple nature di Hulk. Banner è indebolito, fragile, completamente incapace di controllare il suo alter ego quando cala la notte. L’idea di trasferire una parte dell’enorme intelligenza dello scienziato al mostro è la premessa di storia capace di rendere efficace il conflitto fra i due. L’intelligenza non si traduce in moralità per Hulk, rendendolo capace di uccidere e mutilare senza la minima esitazione. In questi frangenti emerge una delle tante facce orrorifiche de L’immortale Hulk, con la creatura verde che si nasconde nel buio per spaventare a morte e solo poi colpire le sue vittime designate.

Il parallelismo allo slasher, uno dei più famosi sottogeneri horror dove il “mostro” di turno uccide tutti o quasi i personaggi, è lampante. Allo stesso tempo, si ha l’impressione di vivere un Dottor Jekyll e Mister Hyde in prima persona, percependo tutta l’impotenza di Banner nei confronti di Hulk. Questo apre al lato più psicologico del genere horror, dove non è la violenza fisica a imperare ma lo strazio della mente dei personaggi. Da qui la storia trasla ancora altrove, portando sul finale del volume (decimo numero della run) ad un sottogenere ancora diverso. La potenza della tavola finale è anche una promessa per il futuro e le conseguenze dell’ambiente presentato sono enormi ma, ancora una volta, da rimandare al futuro.

Quale che sia il sottogenere, la resa visiva rimane coerente e accattivante, con il focus sull’espressività dei personaggi ad alternarsi con soluzioni visive cinematografiche per i momenti horror, assieme ad un uso generale delle ombre modulato più su esigenze espressive che ambientali.

Nell’arco di dieci numeri, Al Ewing scrive una prima parte di un qualcosa di più grande, eppure si districa fra ispirazioni e citazioni, azione e riflessione, accompagnato da un Bennett in straordinaria forma. La loro sinergia è straordinaria e si gioca su tavole ordinate che lasciano il posto a splash page imponenti, dove Hulk emerge in tutta la sua minacciosa mole. Le tavole a vignetta singola a chiusura di ogni capitolo trovano il giusto equilibrio tra senso di sospensione e grandeur di messa in scena, ma sono le doppie pagine a colpire ancora di più. Con una scelta stilistica anomala per il fumetto supereroistico statunitense, Bennett crea diverse volte delle clamorose tavole doppie con dei primi piani su Hulk. l’impatto è clamoroso, inaspettato sulle prime e sperato sulle seconde, una dichiarazione di intenti di come L’immortale Hulk abbia appunto in Hulk e non in Banner il suo autentico protagonista.

È lui ad uscire vincitore di questa guerra asimmetrica, sempre lui a vincere ogni avversario, ogni battaglia. L’aggettivo nel titolo non è casuale, visto come Hulk trascenda quasi da subito la sua dimensione più “scientifica”, trovando una contestualizzazione molto più ampia e cosmica di quanto si possa pensare. Questo modo di mescolare arbitrariamente scienza e misticismo è figlio della volontà di Ewing di raccontare Hulk come essere trascendente la comprensione umana e proprio per questo immortale. Tornare alle origini dell’essere verde per questa run serve anche a ridefinire le stesse, ed anche questo è un gancio verso il futuro.
Nel presente, invece, resta impresso il tema del doppio, di come Hulk abbia anche una valenza allegorica nel rappresentare le parti di noi stessi di cui più abbiamo paura. È un’altra tematica storica del personaggio, qui declinata in maniera lucida ed approfondita già dal primo straordinario capitolo, per voi evolvere sempre di più con il dipanarsi dell’intreccio imbastito da Ewing. Non a caso un elemento ricorrente sono i riflessi. Specchi, vetri, acqua, qualunque cosa possa riflettere un’immagine diviene un modo per guardarsi dentro, per dare una forma e un volto alle paure più profonde.

La vera forza de L’immortale Hulk è la capacità di legare allegoria, approfondimento psicologico e mistero, condendo con l’azione, ma usando la riflessione per lasciare un’impronta nella mente del lettore. In fondo, è lo scopo dell’horror come genere. Catalizzare le paure, darle una forma ed esorcizzarle. Ed Hulk le catalizza alla perfezione, dando volto e forma agli antri più oscuri della nostra mente, rendendoli sì spaventosi ma allo stesso tempo potenti, allettanti e immortali. Per questo motivo Hulk è così potente e sempre per questo motivo è inscindibile da Banner stesso. Il titolo del primo capitolo è emblematico: “E se lui fosse entrambi?”.
La risposta è affermativa: non esiste un “lui” ed un “altro”, perché lui È l’altro.

Scheda tecnica
Autore: Al Ewing, Joe Bennett
Data di uscita: 21 mar 2024
Tipo prodotto: Fumetti
Prezzo: 31,00 euro
Rilegatura: Cartonato
Formato: 18.3×27.7 cm
Interni: Colori
Pagine: 248
Il volume recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.