La parola “fantasy” è tra quelle più in grado di generare delle immagini ben precise in qualsivoglia pubblico, per quanto il suo significato si sia trasfigurato e settorializzato nel tempo. Una delle sfide più ardue per il genere, quindi, è immergersi completamente nei suoi archetipi ed al contempo ribaltarli. Frieren, in questo senso, è un gioiello unico e straordinario.

Nella sua edizione italiana – sia essa il manga scritto da Kanehito Yamada, disegnato da Tsukasa Abe e distribuito da jpop oppure l’anime disponibile su Crunchyroll – esiste il sottotitolo “oltre la fine del viaggio”, una sorta di promessa su cosa si fruirà. Nella sua versione originale, invece, campeggia solo e soltanto un nome, quello della protagonista, ed il suo titolo onorifico (per così dire): Sōsō no Furīren.

Frieren (Sōsō no Furīren)
©Kanehito Yamada, Tsukasa Abe/Shogakukan/ “Frieren”Project

Tale protagonista è un’elfa millenaria ed immortale, la cui storia ci inizia ad esser narrata dopo il completamento della sua impresa, la sconfitta del Re Demone avvenuta assieme ad i suoi compagi di viaggio. I decenni volano come foglie al vento per Frieren, per cui circa ottant’anni dopo sarà un nuovo viaggio ad iniziare. Anche solo questa (volutamente) stringata premessa mostra la duplice natura di Frieren: l’immersione negli archetipi più noti del genere e la loro decostruzione e innovazione.

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Strutture atipiche, o forse no

La potenza e l’efficacia della “chiamata all’avventura” sono uno dei pilastri su cui si poggia il successo di una storia fantasy. È il modo con cui cattura il fruitore, quel momento magico in grado di diventare ancora più emozionante se rivisto una volta che l’opera – o, in questo caso, una stagione da 28 episodi – si è conclusa. Frieren crea un incipit spiraleggiante, partendo da un tempo in cui i precedenti compagni di avventura dell’elfa sono al tramonto dei loro giorni.

È un inizio relativamente lungo, funzionale a definire il nucleo principale dei temi e lo spettro emotivo dell’intera opera. Tornare a quei momenti dopo aver conosciuto i personaggi con i piccoli flashback successivi è in grado di renderli solo più potenti. Dilatare il tempo della narrazione per raccontare un tempo della storia ancora più lungo crea un senso di dolce malinconia già dai primi momenti. In questo modo, è possibile accogliere la natura procedurale dell’opera sapendo quanto sia capace, nei momenti opportuni, di emozionare o essere acuta.

A ben vedere, sono poche le sorprese che Frieren riserva in termini di narrazione da quando “il secondo viaggio” della maga, assieme alla sua allieva Fern, ha inizio. Caratteristica da non interpretare assolutamente come un difetto, visto come la sua consistenza e costanza riescono a far entrare lo spettatore in una zona di comfort. Il patto di fiducia così creato tra narratore e spettatore porta a vivere positivamente i momenti più procedurali, elevandoli anzi a punto di forza, con la garanzia di poter sempre divertire, stupire ed emozionare e la consapevolezza della prosecuzione dell’intreccio principale in un secondo momento, mai troppo lontano.

Frieren non ha nemmeno bisogno di portarsi dietro un mondo complesso, della necessità di contestualizzare ogni singola creatura, ambiente, geografia, nemmeno di fornire una mappa dettagliata del continente. Solitamente, le opere fantasy di stampo medioevale sono quelle in cui più si insiste nella creazione di lunghe cosmogonie, contorte costruzioni del passato del mondo, di casate, luoghi, popoli ed usanze. È un retaggio figlio di Tolkien, ma più radicato nella cultura occidentale. Mutuando solo alcuni elementi archetipici del suo genere e cambiando radicalmente l’umore dell’opera, Frieren non fa avvertire il peso di queste mancanze.

Ovviamente, questa mole di pregi non nasce dal nulla ed esiste un lato tecnico che ne è foriero e degno di lode.

 

Frieren (Sōsō no Furīren). Gallery, con crediti: ©Kanehito Yamada, Tsukasa Abe/Shogakukan/ “Frieren”Project

Frieren: consistenza e costanza

Osservare Frieren da un punto di vista più legato alla sola animazione significa focalizzarsi su un’espressione: direzione artistica. Rispetto alle scene esplosive dove la qualità delle animazioni raggiunge l’apice (i momenti sakuga, per capirsi), è un concetto più facile da veder passare inosservato. Con direzione artistica si intende la coordinazione di vari elementi dell’opera, dagli sfondi alla colorazione per arrivare a tutto il reparto di animazione, che si tratti della gestione dei key frame – fotogrammi chiave in una sequenza animata – piuttosto che del controllo degli in-between, ossia fotogrammi che si inseriscono “nel mezzo” di due key frame (semplificando un pochino la cosa).

Un prodotto con scarsa direzione artistica potrebbe comunque avere sequenze animate di alto livello, ma con stili non consistenti fra loro, quasi fossero parte di prodotti animati diversi. Frieren, invece, eccelle proprio nella direzione artistica, per cui pur avendo una lunga stagione da 28 episodi l’uso degli ambienti, della musica, del character design e delle animazioni rimane consistente. Non significa che non vi siano apici tecnici in cui Madhouse ha dato il meglio di sé, ma anche in questi l’anime non si snatura, semmai mostra il suo lato migliore.

È proprio tale direzione artistica a permettere la creazione e il mantenimento del mood dell’opera, con un substrato di dolcezza e malinconia su cui danzano i momenti più comici e quelli più seri. Per un prodotto di questo tipo, dove l’azione è soltanto una componente secondaria, è più importante creare e possedere uno stile in grado di imprimersi nello spettatore, che singoli sporadici apici fini a sé stessi.

Ma tornando all’azione, c’è un giusto un appunto da fare: è proprio una sua componente ad essere un’effettiva sorpresa della serie, tanto in termini di narrazione quanto di costruzione del mondo: la magia.

Frieren: “la magia è immaginazione”

È uno dei mantra della serie (assieme all’ossessione di Frieren per i grimorii e i Mimic) e come l’immaginazione è virtualmente onnipotente. Nulla di nuovo sotto la luce del sole, eppure è sufficiente un gocciolino di mentalità scientifica per ribaltare il paradigma.

Il sistema di sviluppo della magia, formato da scoperte in grado di soppiantare le precedenti e correnti di pensiero dipendenti dall’epoca storica, ricorda tantissimo quello tecnologico. Una magia letale creata un secolo fa è non solo considerata superata, ma bloccata da qualunque difesa magica rudimentale, un po’ come lo sarebbe una freccia da un vetro antiproiettile.

Lo spessore che questo singolo elemento riesce ad introdurre è incredibile, rendendo i combattimenti magici un misto di strategia, tempismo, conoscenza e, appunto, immaginazione. Le componenti conoscitiva e creativa, razionale ed istintiva, vivono in un delicato equilibrio in grado di dare vita a scontri appassionanti e colpi di scena coerenti.

La magia si lega tanto al talento naturale quanto al vissuto ed al carattere dei personaggi, che in fin dei conti tornano ad essere il vero cuore pulsante dell’opera.

Legami con il passato

Frieren, Fern e Stark sono un trio straordinario, presi singolarmente ed in gruppo. Il modo in cui i loro difetti si esternano e compensano è perfetto nelle situazioni smaccatamente comiche e nei momenti di climax più intensi. Il substrato di dolce malinconia di Frieren nasce principalmente dai legami: quello a doppio filo dei due giovani con dei compagni della passata avventura di Frieren, assieme al legame della stessa elfa con un quarto compagno di avventura, l’eroe Himmel.

Legami ed interazioni dei tre come gruppo non ledono poi la profondità dei singoli caratteri, visto come diversi tratti della personalità di ognuno si spieghino tramite dei legami al proprio passato. Allargando la scena, questo sistema permette di donare profondità a comprimari, momentanei compagni di viaggio o personaggi presenti per una singola saga. Come in ogni opera di ampio respiro, i temi veicolati sono svariati, ma praticamente tutti quanti mantengono la caratteristica comune dei legami con il passato e come questi forgiano caratteri e scelte di vita.

Proprio per questo le emozioni raccontate arrivano in modo potente e genuino, perché ogni elemento cade al suo posto con perizia e naturalezza, ogni personaggio con qualche rilevanza viene reso vivo e stratificato, che sia nel presente o tramite l’eco di un ricordo.

Al prossimo viaggio

Frieren è una di quelle opere che nel raccontare la nostalgia riesce a farla vivere in sua assenza. I personaggi si affiancano allo spettatore, rimangono al suo fianco e nella sua testa, a volte nei loro momenti più epici, ma molto più spesso nel loro “quotidiano”, per le loro interazioni, le gag, i momenti divertenti e infine quelli più emozionanti. Come opera, Frieren riflette sui legami con il passato, crea nella malinconia un tema portante senza visualizzarla come emozione negativa, vivendo di storie passate e presenti, raccontate attorno ad un fuoco prima di partire per il prossimo viaggio.

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