Sulle pagine di One Piece si è definitivamente concluso il dolorosissimo flashback di Bartholomew Kuma con il capitolo 1103, per poi tornare al presente con il capitolo seguente. Il flashback è iniziato nel capitolo 1095, prendendosi uno spazio in termine di capitoli decisamente ampio rispetto a quanto ha fatto ultimamente Oda – basti pensare al flashback dedicato a Kaido – e riuscendo nel suo intento di commuovere un’ampissima fetta dei lettori del manga.

Potrebbe essere interessante parlare del flashback in certi termini, come la sua costruzione o i possibili collegamenti con la trama lineare del manga, ma il motivo alla base di questo articolo è insito nella percezione che una piccola parte dei lettori ha avuto a riguardo delle vicende, cosa che apre le porte ad un dibattito elettrizzante. Nel corso delle settimane a cavallo fra la fine di Dicembre e l’inizio di Gennaio infatti si è fatta strada l’impressione, per alcuni, che Oda abbia particolarmente puntato sulla tragedia nel corso di questo flashback, al punto da utilizzare l’espressione “pornografia del dolore”.

 il flashback di Bartholomew Kuma con gli episodi in questione di One Piece è su Manga Plus
il flashback di Bartholomew Kuma con gli episodi in questione di One Piece è su Manga Plus

Per chi non fosse avvezzo a questo termine, che in genere si usa maggiormente in ambito giornalistico, per pornografia del dolore si intende l’uso di scene tragiche e raccapriccianti in gran numero per ottenere una risposta emotiva dai fruitori. In ambito giornalistico questo avviene spesso decontestualizzando fatti di cronaca e immagini turpi, sottoponendoli copiosamente con un ritmo martellante ai fruitori così da ottenere più engagement per una notizia. Nel mondo della narrativa è decisamente più raro imbattersi in un tale termine, ma si potrebbe sovrapporre all’uso che se ne fa nel giornalismo, salvo l’obiettivo finale che consisterebbe nell’ottenere una risposta emotiva  dirompente, tanto da sovrastare qualsiasi altro elemento di ciò che si fruisce.

I nove capitoli del flashback in esame sono effettivamente costituiti da un susseguirsi notevole di tragedie per il povero Kuma. Nasce in una famiglia sfortunata, con il solo “peccato” di far parte della razza dei Baccania. Viene schiavizzato da bambino, perde prima la madre e poi il padre di fronte ai suoi occhi, sfiora la morte e sfugge ad essa trovando un briciolo di felicità solo per poi perderla di nuovo. Rinuncia all’idea di salvare Jinney, l’amore della sua vita, pur di far del bene e, quando potrebbe dirle addio un’ultima volta, arriva troppo tardi per farlo. Si prenderà cura della bambina che poco dopo mostrerà la stessa malattia della madre, portando Kuma a fare un patto terribile per la sua salvezza: Bonney – la figlia di Kuma – sarebbe stata curata, ma lui avrebbe perso il suo corpo e la sua volontà, diventando uno strumento senza cuore nelle mani del governo mondiale. Lo stesso governo che lo ha schiavizzato, torturato, umiliato e che per mano di Saturn – uno dei cinque astri di saggezza – ha sostanzialmente causato la malattia di Bonney e la morte di Jinney, l’unico amore del flottaro.

Mettendo in fila tutti gli avvenimenti sopracitati si dipinge l’intera vita di un personaggio tragico, il cui presente nel manga lo vede privo di volontà, ferito in modo orribile e comunque intento solamente a salvare il prossimo a discapito della sua stessa salute. Bartholomew Kuma sembra quindi un eroe tragico, qualcuno per cui fare il tifo e commuoversi, sperando per un lieto fine: si può perciò affermare in qualche modo che, questa volta, sia stato superato un “limite” di sfortune addossate ad un personaggio, superando una sorta di linea del buongusto?! È dai tempi di Aristotele che sappiamo quanto la tragedia abbia un effetto catartico, poiché imitando la realtà la narrativa scatena nei fruitori potenti emozioni, li costringe a confrontarsi con esse e sublimare l’esperienza in sollievo, pietà e coinvolgimento. Non si parla di un limite alle tragedie che si possono lanciare su un solo personaggio, pur di intrattenere e portare avanti la storia, quindi già basandoci su questo non sarebbe cauto e corretto parlare di pornografia del dolore nel caso dell’operato di Oda.

Restando nell’ambito dello stesso One Piece non è nuovo, tra l’altro, che Oda carichi emotivamente i suoi flashback con scene strazianti e commoventi: fra le preferite di chi scrive questo articolo ci sono ad esempio le morti di Bellemere nel flashback di Nami, quella del Dr. Hiriluk nel flashback di Chopper e quella di Corazon nel flashback di Law. In tutti i casi parliamo di scene strazianti, in cui la vita si accanisce sui personaggi coinvolti in modo feroce, lasciando loro poca o nessuna speranza. E se vogliamo trovare un esempio quanto più simile a quello di Kuma, in effetti c’è il personaggio di Kyros che vive un percorso simile, seppur in piccolo: anche lui soffre numerose volte e vive molti drammi simili a quelli di Kuma, fra cui anche la perdita di identità e addirittura il divenire sconosciuto alla figlia per un lunghissimo periodo. Senza dover fare ulteriori esempi, quello che andrebbe aggiunto è che non andrebbero posti paletti all’arte e quindi, in senso più stretto, sembra decisamente scorretto scagliare definizioni così forti pensando che un autore abbia superato un limite che esiste solo per la propria sensibilità, almeno in una situazione del genere.

Se si può andare ancora più a fondo nella questione e quindi arrotondare ulteriormente l’ultimo concetto espresso, probabilmente il flashback di Kuma non è problematico per tutte le tragedie che cadono sul personaggio, ma per la messa in scena delle stesse. Anche se forse è un approccio troppo rigido per molti, nello srotolarsi di una storia bisogna trovare una utilità narrativa di qualsiasi tipo ad ogni elemento che si vede e legge, quantomeno in una narrazione classica di questo genere. Buchi logici, forzature e molti altri elementi lasciati in sospeso pur di dare spazio a colpi di scena improvvisi e altri strumenti simili possono andare bene se le loro tracce sono ben coperte, o se l’effetto ottenuto usandoli è superlativo, ma nel flashback di Kuma ce ne sono in numero pari se non superiore ai capitoli stessi che lo compongono.

Tutte le tragedie vissute da Kuma sono effettivamente macchiate da numerosissime problematiche, fra il protagonista stesso (così come altri personaggi) che agisce fuori caratterizzazione, pur di rendere possibili determinati eventi, ribaltamenti costanti supportati da azioni non mostrate su pagina, buchi logici e molto altro. Questa serie di elementi mina la pura tragicità degli eventi raccontati e, così, rischia di alzare il velo che separa il lettore dall’autore dietro alla sua storia, portando a chiedersi: queste tragedie servono per portare avanti la storia, caratterizzare i personaggi e commuovermi, oppure servono solo per coprire le tracce di un autore che voleva ottenere la tragedia con il minimo sforzo? Il problema nel secondo caso è che alla fine quello che dovrebbe far piangere stucca, diventa eccessivamente patetico nel senso letterario del termine e potrebbe portare il lettore a sentirsi preso in giro da uno scrittore che, pensandosi furbo, cerca di creare forti reazioni emotive senza però impegnarsi a creare un intreccio coerente e ricco a supportare il suo lavoro.

L’idea che voglio supportare è che arrivare a definire questi nove capitoli come pornografia del dolore sia comunque azzardato e forse una scelta infelice. Per quello che è lo stile visivo stesso di Oda manca in primo luogo una spiccata truculenza visiva che permetta di usare quella definizione ma, soprattutto, proprio per la storia ormai quasi trentennale di One Piece risulta a mio avviso strano emozionarsi per decine e decine di flashback tragici, per poi ripudiare proprio questo. Ciò detto, usando definizioni più consone e pacate, probabilmente questo flashback ancora una volta pecca di quelle stesse problematiche che purtroppo da molti anni affliggono One Piece. Se è vero che Oda ha sempre piegato la logica per il bene della narrazione, da anni questa tendenza è diventata talmente smaccata e costante da riuscire a minare anche i momenti più attesi, più intriganti e probabilmente commoventi. Questo rende il flashback di Kuma una parentesi sicuramente commovente, se ci si lascia trasportare dalle emozioni, ignorando i numerosissimi campanelli d’allarme di cui ci si potrebbe rendere conto leggendo con quel briciolo di attenzione in più che, probabilmente, l’autore spera che i suoi lettori non posseggano.

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