Il ragazzo e l’airone, di Hayao Miyazaki – di infiniti strati e interpretazioni

In natura, esistono dei problemi con infinite soluzioni. Nell’arte, esistono opere la cui comprensione totale è preclusa ai fruitori, ma che al contempo posseggono infinite interpretazioni possibili. In entrambi i casi, la scelta di una specifica soluzione/interpretazione può avvenire tramite l’accesso ad informazioni esterne o ulteriori. Questo è il grande “problema” chiamato Il ragazzo e l’airone, in originale “How do you live?”, ultimo lungometraggio diretto da Hayao Miyazaki.

Senza riportare l’ennesima sinossi (che comunque troverete nella sezione successiva), è sufficiente sapere che il film è, superficialmente, un semplice viaggio dell’eroe esteticamente superlativo. La potenza visiva di Miyazaki non è stata minimamente intaccata dall’età o dai dieci anni di assenza dal grande schermo, mettendo in scena l’apice dell’animazione 2D contemporanea. Non si tratta di “sola” messa in scena e fluidità dei movimenti, della maestria di Shinya Ohira nelle sequenze oniriche e della cura ammirevole nei fondali, ma di una direzione artistica riconoscibile ed unica al mondo (e lo storico compositore Joe Hisaishi gioca un ruolo enorme in questo). Il film insinua il fantastico nel reale con le modalità alle quali Miyazaki ci ha sempre abituato, sfiora l’orrore, si immerge nel lirismo e annega nella simbologia. Per quanto Il ragazzo e l’airone sia un film con un grosso difetto è comunque un’opera di un Miyazaki che non si snatura e non si aliena, semmai si esaspera.

Tale esasperazione fa emerge un dilemma irrisolto (e irrisolvibile) nell’approccio ad un’opera d’arte: quanto l’autore crea per un pubblico e quanto per se stesso? Perché è lampante quanto How you live? non sia un film per il pubblico. Chi vi scrive è profondamente convinto di dover diffidare di tre categorie di individui: i difensori a spada tratta del sensei, rei di etichettare chiunque non abbia trovato il film di suo gusto con un “non l’hai capito”; chi, dal lato opposto, lo disprezza solo perché “non ho capito quello che succedeva” e infine chi sale sul pulpito con contenuti del tipo “vi spiego Il ragazzo e l’airone”. Se le prime due categorie fanno parte delle solite, instancabili ed immancabili tifoserie da stadio del web, la terza è più subdola. Spiegare un’opera come questa significa trovare una chiave di lettura univoca, in grado di accogliere l’intero complesso di personaggi, simbologia e tematiche. Il punto è che tale univocità non esiste. Tornando all’inizio, Miyazaki piazza davanti agli occhi un problema con infinite soluzioni, in cui la conoscenza delle “condizioni al contorno” può aiutare non a trovare la soluzione “giusta”, ma a sceglierne una o più in mezzo ad una infinità di soluzioni “giuste”. Cosa significa nel pratico?

Significa poter andare accettare molteplici chiavi di lettura senza che nessuna contraddica l’altra o denunci la scarsa intelligenza del fruitore. Significa poterci vedere una fiaba sull’accettazione del lutto e/o una parabola sul rapporto genitori-figli, in maniera indipendente dalle informazioni pregresse possedute sull’autore, o poter pensare How do you live? come un’allegoria per parlare dell’eredità artistica. Ancora, il protagonista Mahito ed il personaggio del prozio possono essere Miyazaki e Takahata, Miyazaki e se stesso, Hayao Miyazaki e suo figlio Goro (con un po’ di ottimismo), o addirittura Hideaki Anno e Miyazaki come figure legate ma in disaccordo. È possibile partire dall’inquadratura della discesa di Mahito nel mondo dei morti, palese citazione ad 8 ½ di Federico Fellini, per agganciarla alle tredici pietre bianche nel finale – tredici pietre, una in più dei film diretti dal regista, che non verranno mai impilate – e decretare come questo film sia “l’8 ½ di Miyazaki”, anche per via della forte impronta autobiografica dell’opera e del legame non contenutistico ma nostalgico del romanzo How do you live?, omonimo al film. Oppure, ancora, ci si può avventurare in una chiave di lettura più sociale e politica, con la critica alla guerra e agli estremismi.

Volendo fornire un ultimo e finale esempio, per chi vi scrive il film è stato non solo un amalgama di quanto sopra riportato, elemento più elemento meno, ma anche una parabola metanarrativa sulla bellezza e la difficoltà di creare arte ed un elogio dell’imperfezione umana. Non ci sono fonti che possano corroborare questa idea, eppure può includere una serie di personaggi e simboli. Mahito è un protagonista decisamente imperfetto, il cui viaggio non lo migliora caratterialmente ma lo lega ad una sua parente. Il prozio è altrettanto imperfetto, reo di aver creato un mondo ingiusto e cannibale, vivendo nell’incapacità di abbandonarlo ma fuggendo contestualmente dal suo mondo e dal suo tempo. I parrocchetti, per quanto parodia visiva di certi estremismi italiani e/o tedeschi dello scorso secolo, sono “la massa”, imperfetta e numerosa, incapace di pensare e di agire per conto proprio, soggiogata da un re altrettanto imperfetto ma coraggioso, capace di rischiare tutto pur di non perdere tutto. Eppure, nessuno di questi personaggi e degli altri non elencati è univocamente negativo, solo portatore sano di difetti comuni.

Tutte queste letture, ad ognuna delle quali possono essere associate tematiche, simboli, scelte di inquadrature e caratterizzazione dei personaggi possono tutte generarsi da “condizioni al contorno” differenti. Possano queste essere la visione di interviste e documentari su Miyazaki, oppure materiale sulla produzione (lunga e travagliata) del film, oppure suggerimenti dello storico, enorme produttore Toshio Suzuki. Anche in quest’ultimo caso, trattasi di letture e suggerimenti forniti da una persona molto vicina al regista da molto tempo, ma non per questo da considerarsi divulgatore di verità assolute o chiavi di lettura oggettive. Si può anche perseguire la filosofia della “morte dell’autore” per invalidare questi elementi esterni, o utilizzarli per argomentare la loro necessità per la piena comprensione dell’opera. Ed è qui che, forse, si riscontra il problema più ingombrante della pellicola.

Non è la prima volta che la vita di Miyazaki irrompe in una sua opera e non è assolutamente un unicum questa coesistenza di molteplici chiavi di lettura. Il caso più vicino e diretto da proporre come confronto è sicuramente Si alza il vento. Senza voler entrare nel merito di quest’ultimo, si intuisce come in quel caso gli elementi autobiografici di Miyazaki, i suoi ideali, le sue tematiche principali e le sue passioni fossero stratificate, come tanti veli di tessuto di colori diversi e semitrasparenti, da scoprire uno alla volta man mano che si va a fondo. Dall’alto, in superficie, l’effetto è comunque meraviglioso e questa sensazione cresce quanto più si “spoglia” l’opera. Nel caso de Il ragazzo e l’airone, invece, l’impatto superficiale è ancora più da togliere il fiato, pieno di elementi da osservare ed emozioni da esperire, come un gigantesco tappeto pieno di elaborati e dettagliatissimi ricami. Il problema? Questo enorme arazzo toglie il fiato ma è dispersivo, non riesce a creare un vero e proprio quadro armonico d’insieme. Inoltre, nel momento in cui si cerca di scendere in profondità, si nota la presenza di una matassa sottostante intricata, avvolta su se stessa al punto tale da divenire inestricabile. L’accesso ad informazioni esterne all’opera può aiutare a vederne dei fili, ma non a ricostituirne il succitato quadro generale.

Fuori dalla metafora, How do you live? è una straordinaria esperienza estetica, con una quantità immensa di simboli, citazioni e possibili chiavi di lettura, stupendamente autoreferenziale seppur ermetica, con il difetto di essere “troppo poco” se vista solo in superficie, mancando quindi di una reale visione d’insieme che consenta di raggiungere i picchi congiuntamente emotivi ed estetici di (quasi) tutto il resto della produzione del regista.

Eppure, chissà. Quando la discussione si sarà placata e saranno passati 5, 10 o magari 20 anni, chi può dire se non se ne parlerà come della sua opera migliore? Non sarebbe il primo caso e certamente non sarebbe nemmeno l’ultimo.

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La corsa de Il Ragazzo e l’airone in Italia pare inarrestabile! Con un incasso ormai superiore ai 4 milioni di euro e le presenze in rapida ascesa verso quota 600.000, il film di Hayao Miyazaki è un successo incredibile, arrivando a battere qualunque altro film su territorio nazionale, qualcosa di mai successo per l’animazione giapponese!
Sul fronte internazionale, invece, il film aggiunge ai suoi premi il prestigioso Golden Globe 2024 come miglior film d’animazione!

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IL RAGAZZO E L’AIRONE DI HAYAO MIYAZAKI,

DAL 1 GENNAIO 2024 NELLE SALE ITALIANE CON DISTRIBUZIONE LUCKY RED!

Lucky Red è orgogliosa di annunciare che porterà al cinema, dal 1 gennaio 2024, Il ragazzo e l’airone, il nuovo film del maestro dell’animazione Hayao Miyazaki, rinnovando il consolidato rapporto di distribuzione con Studio Ghibli.

Arrivato nelle sale giapponesi il 14 luglio, Il ragazzo e l’airone ha conquistato il box office fin dal primo weekend con 11,3 milioni di dollari e battendo i record precedenti dello Studio Ghibli. A poco più di un mese dall’uscita, ha incassato in patria oltre 45 milioni di dollari. Il film sbarcherà a settembre negli Stati Uniti, dove aprirà il Toronto Film Festival con il titolo internazionale The Boy and the Heron.

A dieci anni dal suo ultimo lungometraggio Si alza il vento e dopo aver cresciuto generazioni di spettatori con capolavori come Nausicaä della Valle del vento, Il mio vicino Totoro, Porco rosso,  La città incantata, Ponyo sulla scogliera e molti altri, Miyazaki torna con un film che ha già conquistato il cuore del pubblico e della critica che hanno avuto la fortuna di vederlo in Giappone.

In attesa dell’arrivo del film in Italia, continua al cinema “Un mondo di sogni animati” la rassegna Lucky Red dedicata a Miyazaki e allo Studio Ghibli: da domani 24 agosto e fino al 30 torna in sala Si alza il vento, un’occasione per ripartire proprio dall’ultimo film del regista, uscito in Italia nel 2013.

E per scoprire e riscoprire l’universo Miyazaki, su Spotify è disponibile “Un mondo di sogni animati – Il podcast”, prodotto da Lucky Red: Dario Moccia – content creator, fondatore dello studio Peco e dell’agenzia Smile – e Gianmaria Tammaro – giornalista e critico – accompagnano gli ascoltatori in uno speciale in cinque episodi dedicato a Ponyo sulla scogliera, Kiki – Consegne a domicilio, Il castello nel cieloIl mio vicino Totoro e Si alza il vento.

Comunicazioni ufficiali, video e immagini dagli Uffici Stampa Lucky Red e Giampaglia Locurcio

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