Ousama Ranking, anche conosciuto come Ranking of Kings, è stato senza dubbio uno degli anime più d’impatto nei tempi recenti. Partendo dalle solide basi date dal manga scritto e disegnato da Sousuke Tooka, WIT Studio ha confezionato un prodotto capace di unire influenze orientali ed occidentali tramite ottime animazioni.

Le premesse di Ousama Ranking sono tanto semplici quanto affascinanti: si narra la storia del viaggio del principe Bojji, erede al trono ed allontanato dal suo regno a causa di un misterioso complotto. L’ambientazione è da classico fantasy ispirato al Medioevo europeo: castelli, mostri, magie, luoghi affascinanti e misteri da scoprire. Di sfondo, una misteriosa classifica dei regnanti, che promette una straordinaria ricompensa al primo classificato. Tutto nella norma, se non fosse per un dettaglio: il principe Bojji è un bambino buono, ingenuo e sordomuto. Questi fattori lo portano spesso ad essere esposto al pubblico ludibrio, al punto che il primo episodio cita in maniera diretta la fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore”.

Ousama Ranking Ranking of Kings The Treasure Chest of Courage
©SousukeTOKA, KADOKAWA/Ranking of Kings: The Treasure Chest of Courage animation film partners

Guarda l’anime su Crunchyroll: https://www.crunchyroll.com/it/series/G79H23W70/ranking-of-kings

Da qui ci si muove attraverso i 23 episodi che compongono la prima stagione dell’anime, densi di contenuto e meravigliosi nella forma. I character design vivono di linee morbide ed influenze cartoon, laddove narrazione e soprattutto resa dell’azione sono identificative del Giappone. Assieme all’ambientazione si crea quindi una commistione che dona ad Ousama Ranking un’identità estetica forte e riconoscibile.

Tra gli elementi peculiari, sorprende come questa estetica dal retrogusto cartoon si interfacci a storie grottesche ed esplosioni di violenza esplicita. La fluidità e la regia delle animazioni lo rendono poi uno spettacolo per gli occhi in ogni episodio, dosando alla perfezione i “movimenti di macchina”, così di moda da qualche anno. I momenti sakuga, dove gli sforzi in termini di disegni ed animazione vengono spinti al massimo, sono sempre collegati all’importanza della vicenda in scena (esempio eccellente il ventunesimo episodio).

Ma questo aspetto è quasi secondario se confrontato con la potenza dei temi e dei personaggi di Ousama Ranking. Il messaggio di fondo dell’opera è ottimistico e carico di speranza, volto a far comprendere come non esista nessuno di realmente malvagio. In tal senso, i personaggi sono sfaccettati, approfonditi e sviscerati per entrare in sintonia con lo spettatore. Alcuni, in prima battuta amati, verranno odiati, altri seguiranno il percorso opposto, altri ancora si scopriranno meno perfetti delle apparenze. Tutti, però, convergeranno verso un’unica destinazione: l’essere compresi. Le preferenze personali potranno portare a non condividere motivazioni ed atteggiamenti di alcuni personaggi, che saranno spiegati senza giudizi. Viene messa in scena la complessità dell’animo umano e il dovere che si ha di comprenderla e non apporvi pregiudizio.

Questo tema è quasi ovvio, viste le premesse, ma è portato avanti con tale amore e spontaneità da colpire sempre nel segno. Durante la prima visione si sarà portati ad apporre giudizi su chi compie azioni riprovevoli, salvo poi pentirsene una volta compresi a fondo i personaggi. L’approccio di Ousama Ranking non è necessariamente adatto a tutti i tipi di pubblico e potrebbe sembrare banale, se non inconcludente, ma non è catalogabile come vero e proprio difetto. L’opera è coerente con le sue premesse ed emoziona in modo spontaneo. Il flashback è un affilato strumento narrativo che non compare prima della scomparsa di un personaggio per strappare qualche lacrima, ma sempre nel momento più opportuno per la coerenza e solidità dell’intreccio.

In questo tipo di storie è molto semplice cadere nella trappola della “via più facile”: si presenta un personaggio malvagio, lo si fa agire e poi gli si affibbia un passato traumatico per giustificarne le motivazioni. Questo schema generale è presente (e non poco) in Ousama Ranking; ma la narrazione, la natura delle motivazioni e i retroscena dei personaggi sono intrecciati in modo da creare continui conflitti morali tra gli stessi e lo spettatore. Ci si ritrova spesso a non sapere per chi prendere le parti, chi abbia o meno “ragione”. Perché il punto è che tutti sbagliano, tutti hanno torto e ragione e tutti posseggono della bontà da qualche parte. Talvolta questa è schiacciata da un passato traumatico, da un’azione violenta o da ciò che si è alla nascita (persino i demoni non sono poi così malvagi).

Vi è soltanto una figura che sfugge a questa logica: Bojji. Il principe è un protagonista da manuale, un bambino puro e senza macchia che funge da motore per il cambiamento di chiunque lo circondi. La sua sconfinata bontà è tale da non essere spesso compresa da altri individui, causando avversione e odio nei suoi confronti. Eppure, questo protagonista non è privilegiato dal lignaggio o dalle ricchezze: chi lo circonda ambisce al suo trono, è fisicamente debolissimo ed incapace di udire e parlare, tant’è che la sua comunicazione è giocata tutta su semplici espressioni facciali e versi. Questi versi divengono sempre più intelligibili dallo spettatore, che impara a decodificarli anche quando non vi sono espressioni facciali che li “spiegano”. Il principe è una creatura fragile, ma potentissima nell’animo, che dovrà viaggiare per scoprire i suoi limiti e le sue potenzialità, accompagnato dal fedele compagno Kage. La creatura-ombra è quella che più di tutte porta avanti la tematica del superamento del pregiudizio, laddove Bojji veicola un altro tipo di messaggio. Ancora una volta, può sembrare scontato ma la disabilità di Bojji diventa di fatto la sua forza.

È un messaggio che può sembrare ridondante, ma è evidente come Bojji sia concepito visivamente e diegeticamente per risuonare con i bambini e comunicare con loro. Tale intento è visibile anche dal design dello stesso principe: sintetico, ma con occhi grandi ed espressivi ed un elemento, la finta coroncina dorata, che lo rende identificabile in maniera semplice e diretta.

Bojji potrebbe essere tranquillamente un compagno di classe di questi bambini, magari non compreso perché comunica in modo diverso, perché possiede dei comportamenti difficili da decifrare o perché di apparenza più infantile rispetto alla sua età. Ousama Ranking insegna che un individuo che cammina attraverso la vita con un peso che non ha scelto di portare possiede in sé più forza di chiunque altro, una forza in grado di sconfiggere i demoni, rompere le montagne e cambiare le persone.

La prima stagione, quindi, seppur non sciolga tutti i nodi dell’intreccio, è comunque soddisfacente e con un finale che porta ad un punto fermo praticamente tutti i personaggi, chiudendo anche i vari nuclei tematici introdotti durante il percorso.

A che scopo quindi produrre uno special?

Perché la serie di dieci episodi da poco conclusa, dal titolo Ousama Ranking: The Treasure Chest of Courage, si inquadra formalmente come tale. Almeno, in prima battuta. Infatti, i primi episodi sono formati da due blocchi da una decina di minuti l’uno, ambientati in luoghi e momenti diversi della serie. Storielle brevi, divertenti e che fanno sorridere o provare qualche piccola emozione, donando quindi allo spettatore più materiale sul prodotto che ha amato.

È evidente che, in apparenza, lo scopo principale possa essere questo. Diventa ancora più evidente se si pensa che l’adattamento anime si ferma “vicino” al manga. Solitamente, gli adattamenti animati di fumetti giapponesi mantengono una certa distanza, in termini di volumi adattati, dall’opera di partenza, per assicurare una produzione continua e costante nel tempo, siano essi settimanali (ormai sempre più rari) o stagionali, ossia aventi cicli di 12 o 24 episodi in media l’anno. Nel caso di Ousama Ranking però questa regola-non-scritta non vale, ragion per cui lo special è in grado di rispondere a diverse esigenze: far parlare dell’opera, evitando il calo di interesse nei suoi confronti e fornire ai fan della stessa qualcosa di nuovo da fruire. È relativo, invece, il tempo guadagnato dal manga per la pubblicazione di abbastanza volumi da permettere una seconda stagione.

Tuttavia, uno special che per definizione dovrebbe essere facoltativo da fruire diviene necessario. Magari non nei suoi primi episodi, ma sicuramente nella sua seconda metà. Qui, infatti, alle solite storielle brevi si aggiungono approfondimenti sul passato di alcuni personaggi, talvolta aventi uno stile molto diverso dall’anime stesso. Ci sono due casi dove l’apparato visivo muta, somigliando a delle illustrazioni per un libro di fiabe per bambini, ma in movimento. Questa sorpresa inaspettata non è certo legata ad esigenze produttive (anzi l’opposto), è una piccola delizia per gli occhi.

Si conclude poi con il botto: l’ultimo episodio porta avanti le vicende dal punto in cui si erano interrotte con la prima stagione. Una domanda rimasta sospesa trova risposta, accade qualcosa di aspettato, ma incredibile per ritmo e realizzazione; gli eventi prendono una nuova svolta, ed il pensiero vien da sé: Ousama Ranking non basta mai!

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