Akira, il film di Katsuhiro Ōtomo, per il suo trentacinquesimo anniversario torna al cinema restaurato in 4K nelle giornate del 14 Marzo e 15 Marzo.
Nel 1988, uscì nelle sale giapponesi un film che avrebbe segnato in modo indelebile l’immaginario fantascientifico, alimentando la narrazione di stampo cyberpunk: Akira.
Il lungometraggio si basa sulla trama dell’omonimo manga Akira, opera dello stesso Ōtomo e serializzata sulla rivista Weekly Young Magazine dal 1982 al 1990; il film, tuttavia, si presenta come una storia parallela al manga, ispirandosi a quest’ultimo nella parte iniziale e discostandone durante il suo svolgimento.
In una Neo Tokyo, ricostruita dopo la terza guerra mondiale, si aggirano gang di giovani centauri
(il termine corretto sarebbe bosozoku, ma preferisco usare il termine scelto nella traduzione) che si affrontano tra le strade illuminate a giorno dalle insegne pubblicitarie.
Due giovani motociclisti Tetsuo e Kaneda si troveranno ben presto coinvolti in macchinazioni più grandi di loro, che li costringeranno a mettere da parte la loro amicizia fino a giungere ad un inevitabile scontro.
La potenza di Akira sta nel presentare al fruitore delle riflessioni che vanno dall’etica della scienza nei confronti della vita umana, al rapporto tra politica e cittadini, sfiorando nella parte finale temi più metafisici. Il tutto è presentato con un susseguirsi di eventi incalzante, una colonna sonora unica nel suo genere ed un comparto grafico che rimane tutt’oggi molto fresco.
Ōtomo ha riversato sulla pellicola del film Akira molte suggestioni che derivano dalla sua esperienza personale. In particolare, ha preso ispirazione dai suoi lavori precedenti come mangaka, dai manga degli autori che stima, come Osamu Tezuka, dalle Olimpiadi ospitate a Tokyo nel 1964 e dalle bande di bosozoku con le loro vistose motociclette.
Inoltre, nel film si possono riconoscere alcuni elementi tipici dei film occidentali diventati ormai dei cult, sapientemente miscelati tra loro da Ōtomo. Ad esempio, ci sono le gang di Mad Max 2, i teppisti di Arancia meccanica, le deformità del cinema di Cronenberg e le città luminose e tentacolari di Blade Runner e di Metropolis.
Akira dunque non ha solamente una trama avvincente, misteriosa ed un sapiente mix di influenze giapponesi ed occidentali, è anche un film che ha segnato la sua epoca per la cura certosina che ha accompagnato la sua realizzazione; il comparto grafico è stato ampiamente valorizzato dal restauro in 4K che ha reso la pellicola più performante sui nuovi dispositivi di lettura, scongiurando l’effetto “accelerato” che si può notare in certi video a 60fps che si trovano su altre piattaforme; il sonoro è la ciliegina sulla torta: le sonorità del Gamelan indonesiano unite alla musica elettronica creano una perfetta ambientazione futuristica e ben si s’addice alle sequenze più sovrannaturali.
Akira è un film che mi coinvolge profondamente, sento il bisogno di riguardare periodicamente la scena d’inseguimento con le moto, trasportata dalle percussioni della colonna sonora, mentre di fronte al mio sguardo le motociclette che si rincorrono in una città accecata dai cartelloni pubblicitari ed infiammata dalle proteste, lasciando una scia di luce come se fossero corpi celesti pronti a schiantarsi tra loro.
La prima volta che ho visto Akira al cinema sono stata completamente affascinata dalla visione che Ōtomo e il suo team ha saputo creare ormai 35 anni fa: mi sono resa conto di come questa fascinazione è stata studiata, digerita, riproposta in tantissimi altri prodotti di intrattenimento (Stranger Things per dire un titolo), di come per la produzione di questo lungometraggio si sia formata quella rara commistione di suggestioni, competenze tecniche e impegno produttivo che ha dato alla luce quello che la critica definisce un capolavoro.
Vedere Akira al cinema è un esperienza che consiglio doppiata in italiano per chi fruisce poco l’animazione, mentre i fan vecchi e nuovi troveranno più interessante la versione in lingua originale sottotitolata.
Permettetemi tuttavia di essere sfacciata: la verità è che consiglierei questo film pure ai sassi, non fatevi scappare quest’occasione.
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Immagini dall’Ufficio Stampa Nexo Digital.