Sergio Badino, Professione Sceneggiatore. Strutture e strumenti per scrivere storie – recensione

Professione Sceneggiatore di Sergio Badino sceneggiatura
La copertina della nuova edizione ampliata del manuale di Sergio Badino, Professione Sceneggiatore. Strutture e strumenti per scrivere storie, pubblicato da Tunué (2021) con prefazione di Sandrone Dazieri. Sergio Badino è lo sceneggiatore di Topolino e PK, tra i protagonisti del fumetto italiano contemporaneo

Faccio una premessa. Non ho scelto questo manuale. Si è fatto scegliere.

Arrivo da un passato come sceneggiatrice cinetelevisiva e ormai una ventina di anni fa sono passati per le mie mani i manuali di sceneggiatura che si cominciavano a usare in Italia da pochi anni.

L’Italia aveva una tradizione di sceneggiatori autodidatti e sedicenti artisti di cui andava piuttosto fiera. La codifica della struttura era invisa (anche se alla fin della fiera quando ti guardavi un film della commedia all’italiana non ci si staccava dalla poetica aristotelica dei tre atti, e da lì non si è mai staccato più nessuno, nemmeno gli americani con Syd Field e Chris Vogler) e l’idea di scrivere per la serialità o peggio la lunga serialità faceva venire le bolle agli sceneggiatori.

Se sceneggiavi dovevi farlo per forza per il cinema.

La mia generazione è arrivata al mestiere in un momento di transizione, non avevamo spazio per il cinema ma avevamo la lunga e lunghissima serialità. Quindi i manuali per me sono stati una tappa obbligata.

Dopo un po’, e rinunciando quasi al lavoro di sceneggiatrice, mi sono fermata.

Quindi ho un po’ perso di vista le novità editoriali.

La nuova edizione ampliata del manuale di Sergio Badino, Professione Sceneggiatore. Strutture e strumenti per scrivere storie, pubblicato da Tunué (2021). Foto di Giuliana Dea

Per esempio non ho intercettato la prima edizione di Professione sceneggiatore di Sergio Badino, nel 2007, ma anche se lo avessi intravisto in libreria non mi sarebbe interessato.

Professione sceneggiatore nasce infatti come manuale per chi aspira a imparare l’arte di sceneggiare il fumetto e solo con la seconda edizione allarga il campo a cinema e televisione e narrativa.

Lo si scopre leggendo l’introduzione.

Siamo ormai alla terza edizione del manuale, edito con prefazione di Sandrone Dazieri, dopo quelle di Sergio Bonelli e Maurizio Nichetti. E se posso permettermi, la prefazione di Dazieri è viziata da un brutto pregiudizio tipico di chiunque sia riuscito a trovarsi un suo spazio nella sceneggiatura italiana: il cinismo verso la possibilità di poter praticare questo mestiere.

Con questa logica molti di noi, io per prima, non avremmo nemmeno provato, ci saremmo rassegnati a non avere mai una possibilità, e forse saremmo stati dei bravi ragionieri, però non avremmo mai osato osare. Per fortuna, caro Sandrone, non abbiamo dato retta a te e a quelli che ti hanno preceduto nel pessimismo provocato dal sistema produttivo italiano. Perché magari non abbiamo fatto lavori grandiosi, ma ci abbiamo provato sbattendoci la testa, diventando bravi, imparando che essere bravi spesso non basta, ma è stata una nostra scelta e non vostra. Bisogna anche imparare a fallire, e non dichiararsi già sconfitti perché non si vuole nemmeno provare a giocare (giocare non è casuale: in inglese e francese l’atto di mettere in scena viene descritto con il verbo che indica giocare). Molti di noi hanno giocato, e si sono ritirati dove volevano loro. Magari non si sono ancora ritirati, perché ci provano ostinatamente anche contro i mulini a vento. Ma è una loro scelta.

Dopo essermi permessa di strigliare Sandrone Dazieri (che stimo comunque come professionista, capiamoci, anzi, andatevi pure a leggere le storie del Gorilla), mi posso dedicare al manuale vero e proprio.

Come in tutti i manuali che si rispettino, non troveremo da nessuna parte la ricetta per avere successo come sceneggiatori.

Il successo in questa professione dipende da una serie di fattori, che si sommano alla capacità di usare gli strumenti della sceneggiatura a nostro piacimento ed eventualmente piegarli all’esigenza della nostra storia.

Però per provare ad affacciarsi in modo serio alla professione di sceneggiatore è indubbio che la tecnica sia fondamentale.

Consiglio a chiunque si approcci a questo e a qualsiasi altro manuale di farlo con un lavoro in cantiere. Io l’ho letto pensando costantemente al romanzo che sto scrivendo.

Foto di Samuel F. Johanns

E cosa c’entra la sceneggiatura con la narrativa, diranno i miei piccoli lettori? C’entra perché una storia ha degli elementi che non cambiano mai, nemmeno se cambia il media con cui viene raccontata.

No, non cambiano nemmeno quando la raccontiamo sotto forma di fumetto.

Idea, soggetto e stesura, pure i dialoghi, ci sono sempre e comunque. Nel fumetto le indicazioni di regia sono più esplicite rispetto alla sceneggiatura cinetelevisiva, dove per non sovrapporsi al lavoro del regista un abile sceneggiatore descrive i movimenti nella scena attraverso l’uso della lingua. Nessun regista accetterebbe di sentirsi dire dallo sceneggiatore dove deve mettere o come deve muovere la macchina da presa. Ma gli si può suggerire l’idea del movimento.

Nel romanzo non abbiamo nessun tipo di movimento da indicare perché il romanzo, diversamente dalle sceneggiature per fumetti e cinema e televisione, è un prodotto finito.

Quindi questa tecnica per il romanzo non vale?

Al contrario. Il romanzo è stato, dopo il teatro, il primo media che ha messo in pratica la teoria aristotelica dei tre atti.

Teoria che poi è confluita nel cinema, e che è stata codificata da Syd Field ne La sceneggiatura.

Dai tre atti non si scappa. E non si scappa nemmeno dagli archetipi, che Chris Vogler ha utilizzato per quello che ormai è un classico tra i manuali di sceneggiatura, Il viaggio dell’Eroe.

Perché nomino tanto Field e Vogler? Perché nessun manuale di sceneggiatura serio può prescindere da loro.

E infatti anche in Professione sceneggiatore li ritroviamo alla base della nostra scrittura.

La grande novità, almeno per me che sono abbastanza datata, è vederli imprescindibili anche per la narrativa, persino in un manuale dedicato a chi sceneggia.

Anche se da anni ormai tutti gli addetti ai lavori dell’editoria consigliano Vogler a chiunque voglia un manuale di scrittura creativa.

Proprio per questa sovrapposizione continua nella scrittura della storia pure tra media diversi.

In conclusione, consiglio questo manuale di sicuro a chi vuole approcciare la sceneggiatura del fumetto, perché spiega molto bene il suo meccanismo.

Se volete scrivere sceneggiature o romanzi, procuratevi anche Syd Field e Chris Vogler.

E ricordatevi comunque di scrivere, riscrivere, leggere, rileggere (soprattutto a voce alta, in particolare i dialoghi).

Fatelo e avrete un buon punto di partenza.

Il resto è fatto di tenacia, cazzimma, capacità di essere nel posto giusto al momento giusto e soprattutto curiosità per tutto ciò che riguarda il media per cui vorreste un giorno lavorare.

(perché dovete leggere fumetti, libri e sceneggiature e guardare film allo sfinimento, per pensare anche vagamente di fare questo lavoro)

Professione Sceneggiatore di Sergio Badino sceneggiatura
La copertina della nuova edizione ampliata del manuale di Sergio Badino, Professione Sceneggiatore. Strutture e strumenti per scrivere storie, pubblicato da Tunué (2021) con prefazione di Sandrone Dazieri

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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